Il passaggio dalle ruote mtb da 26″ alle 27,5″ o alle 29″ non vi convince? Ecco i nostri pareri, con un articolo suddiviso in due parti e le considerzioni di Luca Masserini e Cristiano Guarco. Il “dito” di cui parliamo è la differenza di diametro tra una gomma e l’altra… leggete e dateci il vostro parere. Prima parte Testo Luca Masserini | Immagini di Matteo Cappè Ma si potrà? Secondo me sì, ma adesso è impossibile, è la domanda sulla bocca di tutti: “ma cosa cambia tra i vari standard mtb da 26″, 27,5″ e 29″?” La fanno perché il consumatore è confuso, fortemente confuso e se devo dire la mia mi piace analizzare la cosa prendendola in maniera più “filosofica” piuttosto che parlare di prodotti specifici. L’essere umano, per tradizione, ha bisogno di certezze e ce lo insegnano fin da bambino. “Sai quello che lasci ma non sai quello che trovi”, “mai lasciare la strada vecchia per quella nuova”, “cavallo che vince non si cambia”, e potrei andare avanti ad elencare le paure che nel tempo hanno legato l’uomo a degli standard, piuttosto che a spronarlo verso l’ignoto. Io la vedo così. 3 coltelli Ma quando sono in giro, per i boschi o nei negozi, c’è sempre qualcuno che salta fuori con questo tormentone e forse è arrivato il momento di farvi sapere ciò che realmente pensiamo a riguardo dell’introduzione del 27,5 e dei tre standard messi uno di fianco all’altro. La mia visione è più semplice e grezza di quanto l’appassionato vorrebbe sentirsi dire. L’appassionato vuole certezze, vuole convinzioni, ha paura di lasciare uno standard in favore dell’altro, ma a mio avviso lo stesso appassionato non tiene conto della realtà dei fatti. L’esempio che ripeto come un vecchio vinile che salta è che prima in cucina avevamo solo un solo coltello, adesso ce n’è un altro più lungo, il 27,5 e un altro più lungo ancora, il 29. Con quel coltellino “del 26” ci eravamo abituati a fare di tutto, lo usavamo per la carne, per il pesce o per le verdure, logicamente cambiava l’ergonomia, il peso e i materiali, ma c’era comunque un comune denominatore che era il formato della ruota. Francamente non mi importa più di tanto se le 26 scompariranno per lasciare spazio alle 27,5 e alle 29, perché a mio avviso il nocciolo della questione, oltre al fatto che il coltello dovrà essere sempre proporzionato alla mano, è che si continuino a realizzare coltelli funzionali adatti a più tagli. Tanto casino per un dito Dal 26 al 27,5 non sono rimasto di certo allibito, una ruota da 26 con una gomma “ciccia” è davvero simile ad una da 27,5 con gomma più snella, il vero cambiamento l’ho visto e provato tra questi due standard e il 29. Non credo che la gente ci metterà una vita per accettare il 27,5, poiché nonostante aziende e media piazzino mine e granate ovunque per imporlo alla velocità della luce, anche il più inesperto arriverà a dedurre che le differenze non sono poi così abissali. Se volete un mio parere sull’effettiva valenza del 27,5 non mi sbilancio di certo con strilli da prima pagina. Sì, mi piace, sì lo accetto, sì mi dà qualcosa di più, ma rimango dell’idea che forse non c’era bisogno di fare tutto ‘sto casino per un dito di differenza. La mia attenzione però se la sta prendendo il coltello più grande: il 29. Sempre per la questione delle abitudini, l’essere umano si porta dietro convinzioni che lasciano il segno, un segno difficile da far andare via. All’inizio le 29 avevano dei limiti, ma certo, come si può passare da uno ruotino ad una ruotona senza accorgersi che bisogna ripensare ad una serie di fattori? Le aziende hanno provato diverse strade e le 29 forse, anzi quasi sicuramente, sono le bici che hanno “calpestato più cacche” o quelle alle quali è stato applicato una sorta di ostracismo. Ma ho un’altra considerazione da fare. Se i costruttori hanno dovuto fare ben poco per adattare un telaio da 26 a uno da 27,5, il lavoro per rendere funzionale una ruota da 29 è tutt’altro discorso. Non è facile, me ne rendo conto e nel tempo ho notato tentativi più o meno timidi per far avanzare questo standard verso nuovi orizzonti… oltre la soglia dei 140 mm, o lasciandolo in quella zona ed eliminando alcuni aspetti negativi. Ad ogni modo il 29, nonostante sia stato accettato e sdoganato praticamente da tutti, resta sempre nell’occhio del ciclone dei tradizionalisti, molti dei quali, contrari a prescindere nell’usare un coltello diverso dal solito 26, lo snobbano senza mai averlo provato seriamente. Ovvio, poi c’è la questione del “a chi va in mano”, ma per la maggior parte di quelli che ho conosciuto in 25 anni di mountain bike, resta a mio avviso la soluzione vincente. Mai innamorarsi Concludo – giuro – con l’ultimissima considerazione, che riguarda un’altra caratteristica dell’essere umano: lo spirito di adattamento. E’ strano osservare a quanti tipi di sofferenze e ingiustizie ci siamo abituati a sorbire nel corso della nostra esistenza, mi fa quindi strano sentire sempre la stessa lagna che recita “nelle curve strette le 29 sono più lente delle 26“. Sù gente… è ora di aprire i nostri orizzonti e, senza paura, sperimentare qualcosa di nuovo. Nel corso degli anni mi sono reso conto che non ho una marca preferita, uno standard preferito, un cinematismo preferito. Mi piace prendere tutto quello che passa al convento e abituarmi, sforzare l’essere umano che sono a capire le differenze, per poi trarre le mie conclusioni. Non è un mistero che agli amici più intimi, che mi chiedono un giorno sì e l’altro sì che bici prendere, io ripeto di non innamorarsi mai o non investire capitali su “quella” bici, ma provarne diverse, con sospensioni differenti, perché non è mangiando la stessa minestra (seppur squisita) che affineremo il nostro gusto. I prodotti di media gamma sono sì più pesanti e meno cool, ma funzionano comunque bene e ci danno la possibilità di piazzarli più facilmente rispetto esemplari da boutique che in pochi si possono permettere. Queste righe riguardano la mia visione di quello che per me è il mountain biking in generale, ovvero girare e divertirsi nei boschi, su e poi giù. Per altri utilizzi sono consapevole che quanto detto andrebbe modificato, se non in parte. Saremo quindi ben lieti di monitorare l’andamento del mercato e farvi sapere le nostre opinioni anche su altre tipologie di utilizzo. Seconda parte Testo Cristiano Guarco | Immagini di Matteo Cappè Non passa settimana che, per una news arrivata in redazione o per una chiacchierata con amici e operatori del settore, il discorso parta o finisca sulle ruote 650b. Le notizie sulle 27,5”, lo standard intermedio delle ruote per mtb, vanno di pari passo con i commenti su forum e social network che posso riassumere in “le 650b non sono altro che un escamotage del marketing per vendere più bici”. Difficile credere all’ipotesi della cospirazione dell’intero settore, anche se le teorie complottistiche vanno sempre più di moda nell’ambito mainstream… Certo che l’industria ciclistica poteva scegliere un nome migliore per identificare il diametro, 27,5” appare come una mossa di marketing dura e pura! Infatti, ci passano una dimensione che non è reale, trasmettendo un’idea parzialmente sbagliata… parzialmente sbagliata perché lo scranno occupato dalle 650b non sta esattamente nel mezzo, essendo spostata più verso le “reattive” e “facili” 26 pollici che verso le “goffe” ma “mangia ostacoli” 29er. Comunque, sempre meglio 27,5”, che almeno comunica qualcosa di reale e tangibile rispetto a “seicinquantabicosa?”. Giubilo? Ma se non è cospirazione, cos’è? Non penso proprio che i geni del marketing siano stati ispirati dai geni del R&D (research & development, in italiano ricerca & sviluppo nda), che, in preda a un’estasi creativa degna del miglior Leonardo Da Vinci o in seguito a un’intuizione geniale propria di Isaac Newton, hanno avuto la pretesa di tirar fuori dal cappello lo standard ruota definitivo! Difficile immaginare, anche in un futuro non proprio immediato, trovare l’intera compagnia delle ruote artigliate che fuma il calumet della pace dentro il teepee delle ventisette-e-mezzo. Così come mi è difficile pensare che la stessa compagnia si troverà a commemorare le defunte 26” e 29er al Memorial Day degli standard ruota passati. (*) Pensavamo di aver trovato lo standard ruota definitivo scegliendo le 26 pollici all’inizio dell’avventura a ruote artigliate, e molti pensavano di aver trovato la quadratura del cerchio con le 29 pollici, ma ora siamo daccapo un’altra volta! Ma se non è lo standard ruota definitivo, allora cos’è? Il meglio tra due mondi? In cuor mio penso che mi divertirò ancora in sella a una 26”, così come troverò un altro genere di soddisfazione su una 29er, anche se la mia forma mentis mi impone un altro approccio: conta la totalità del mezzo, nel proprio campo d’uso, più che un solo ed esclusivo fattore. Tornando al nostro enigma di (quasi) impossibile soluzione, l’approccio più semplice impone che le 650b incarnino il meglio di entrambi i mondi senza portare con sé i relativi limiti. COSA? Ma neanche nel più eccitante sogno del più grande genio del male – o del marketing, e le due realtà sono tangenti se non coincidenti, purtroppo… – avviene questo. Questa considerazione è altrettanto ingannevole quanto quella delle 27,5” esattamente al centro dei due estremi. Una cosa che non potrà mai accadere, per una semplice questione fisica, che ormai dovreste aver acquisito come un dato di fatto: il diametro esterno del cerchio è più vicino a quello di una 26”, misurando “solo” 25 mm (1″) in più di questa ma ben 38 mm (1,5″) in meno di una 29er, o 700c tornando nel campo delle sigle astruse e poco comunicative. La storia dei tre orsi Non era abbastanza il dualismo “26” VS 29er” ci mancava pure un terzo standard. Uno standard che, se dovessi pensare alla permanenza sul mercato delle “ruote piccole”, potrebbe replicare uno dei principi della psicologia della persuasione, usato nel marketing – ah, eccolo che ritorna! – per influenzare e indirizzare le scelte dei consumatori. La tecnica in questione, nota come “Effetto Riccioli d’Oro”, deriva dalla Storia dei Tre Orsi, una fiaba inglese dell’800. Tranquilli, non vi tedierò con tutta la storia, pena il rischio di farvi addormentare anzitempo… se volete farvi una cultura e/o non ve la ricordate e/o avete problemi a prendere sonno, date un’occhiata qua. Semplicemente la nostra cara Riccioli d’Oro si trova di fronte a più situazioni nella casetta degli orsi, scartando gli estremi e scegliendo sempre la soluzione intermedia, semplicemente perché “andava bene”. Tradotto in soldoni, il presupposto è che il consumatore non riesce a stimare il valore assoluto di quello che sta comprando ma ha bisogno di un confronto, tra le alternative che gli vengono proposte. Il principio psicologico si basa sulla nostra naturale avversione verso gli estremi, con il potenziale cliente indirizzato verso la soluzione intermedia, “quella giusta”. Peccato che le 26” siano già scomparse (o quasi) dai cataloghi dei principali produttori – Scott, Giant, Specialized, Trek, Cannondale, GT – che di fatto guidano il mercato. Quindi questo principio, sebbene sia affascinante il suo utilizzo nel contesto mtb, trova un’applicazione teorica se non almeno temporanea. Feeling naturale È facile cadere nella trappola, almeno questo mi è capitato nella maggior parte delle occasioni in cui ho poggiato le chiappe su una 27,5” quest’anno. Un feeling naturale, come se quella fosse la mia bici da sempre. È tutto merito delle ruote “intermedie ma non troppo”? Quando si prende in mano una nuova bici, tendiamo a dimenticare un aspetto fondamentale: quella che stiamo provando è per l’appunto una bici nuova. Nuova per fattura del telaio, geometria, sospensioni, componentistica. Quindi, come vi ho anticipato, va valutata nel complesso, contando la totalità del mezzo. Questa sensazione di feeling naturale è la conseguenza di tanti aspetti con le ruote che sono solo una delle tante variabili. Sarebbe più semplice isolando questa variabile dal resto che invece rimane una costante, con un telaio opportunamente modificato per accogliere le 650b, ma è un’occasione più unica che rara… Di fatto, le dimensioni delle ruote e la geometria vanno a braccetto, ma è su quest’ultima che grava il peso maggiore del successo o meno di una mountain bike. Bei ricordi Spesso ripenso alla breve ma intensa esperienza con la Santa Cruz Bronson 27,5”, ai bei giorni passati insieme su sentieri di ogni tipo. Ma il pensiero che emerge sugli altri non è certo “cavolo ‘ste ruote da 27,5” quando fanno andar forte la Bronson!”, tutt’altro. Il pensiero va alla geometria moderna, sposata alla perfezione con un telaio rigido e leggero, e con una sospensione votata alla massima efficienza e reattività. Il brand californiano, dovendo sviluppare una nuova bici partendo dalla piattaforma di successo Blur LT, ha deciso che non poteva prescindere dalle 650b per non far uscire un prodotto nato vecchio se basato sulle tradizionali 26”. Detto questo, non penso che le 650b siano delle ciofeche, così come non lo sono le 29er o le piccole e ormai poco considerate 26 pollici. Sono solo un tassello del puzzle, e la sfida è farlo combaciare alla perfezione con gli altri due più importanti: geometria e sospensioni, non mi stancherò mai di ripeterlo. 15 mm di separazione Le differenze ci sono, come avrete intuito poco percettibili a parità di allestimento: messe fianco a fianco due ruote e gomme identiche (stesso produttore e modello) e che differiscono solo per il diametro, alla fine le 650b “staccano” sulle 26” solo ed esclusivamente per il perno da 15 mm della forcella anteriore. Il che si traduce in una differenza sul campo che non vale il polverone sollevato dal marketing e alimentato dagli utenti sui social network e sui forum. La stampa e i blog di settore spesso e volentieri ci mettono del loro, quasi fossero tenuti al guinzaglio dai brand che indirizzano il mercato, quando invece dovrebbero giudicare, senza farsi trasportare ma guidando nella scelta. Noi dobbiamo essere una guida, indirizzarvi secondo le vostre esigenze, giudicare obiettivamente e oggettivamente, fermo restando un concetto fondamentale: la grande e assoluta verità è che, essendo il mountain biking soprattutto uno sport emozionale e passionale, alla fine sarete sempre voi a decidere quello che sarà meglio per voi stessi e che vi darà maggiore soddisfazione, anche puramente estetica. Vincono tutti Qual è la conclusione? La conclusione è che non esiste una conclusione. Mi piace pensare che le 26” non saranno destinate all’oblio e comunque considerate solo per l’entry level. Ma è solo una timida speranza, eh sì, perché le 650b prenderanno il sopravvento, per i naturali vantaggi che, seppur non così evidenti e non così tagliati con l’accetta, ci sono. Non bisogna dimenticare il fatto che per designer e ingegneri è più facile progettare una nuova mtb partendo da un diametro ruota vicino a quello cui sono ormai abituati a lavorare da anni, riuscendo ad adattare in modo naturale e intuitivo geometrie e sospensioni. Una situazione ben lontana da quella avvenuta con le 29er, che hanno messo in crisi fior di progettisti, e che come ha ricordato Luca Masserini, ne hanno dovute pestare di metaforiche cacche prima di intraprendere il corretto sentiero e camminare sicure e spedite. La guerra tra i diametri ruota è appena iniziata, con le regole d’ingaggio non ancora chiare e il campo di battaglia non ancora deciso. Il vincitore sarà decretato nei negozi e sui sentieri, forse non quest’anno, forse il prossimo… sicuramente un giorno. Sono certo solo di una cosa… riprendendo le parole di un grande rider come Brian Lopes, arriverà un giorno in cui le 26” saranno considerate come le moto a due tempi che, dopo un lungo e ingiustificato oblio, torneranno in auge. 26″ wheels R like 2stroke motos. Long live the 26″ wheel! – @BrianLopes *=tipo una cosa del genere 😉