La preparazione della bici | Le sospensioni Luca Masserini 26 Novembre 2013 Tecnica Anche su BiciLive sto seguendo l’ordine che abitualmente ho durante una qualsiasi Gravity School. Prima mi dedico alla sicurezza del mezzo, cercando di scovare eventuali magagne, poi mi concentro sulle sospensioni, argomento tabù per la maggior parte dei rider in circolazione. Cercherò di spiegarvele nella maniera più semplice possibile, ma da voi “pretendo” un minimo di impegno… Controllo ATTENZIONE! NON FATELO C0N IL CACCIAVITE, USATE UNA FASCETTA! A poco serve regolarle se sono in cattive condizioni. Le sospensioni, ribadisco ancora una volta, non si comprano per poi usarle a vita senza fare nulla. Vanno costantemente tenute pulite, lubrificate e ogni tanto, in base all’utilizzo, portate in un centro assistenza per il cambio olio o la sostituzione di eventuali guarnizioni/boccole. Il Sag Che si tratti di full da enduro, downhill o 29 con poca escursione, il primo passo è sempre stabilire il Sag, ovvero quell’affondamento che ogni full (o front) deve avere quando si sale in sella. Questo affondamento, che va dal 20 al 40% negli ammortizzatori e 15-30 % nelle forcelle, serve per avere sospensioni pronte anche a fronte di piccole sconnessioni e quindi sensibili anche ad andature lente, ma anche per farle lavorare sia sopra sia sotto la soglia del Sag. Il Sag si effettua modificando la durezza della molla o il quantitativo d’aria. Se la sospensione è a molla e se lo consente, precaricandola o sprecaricandola si può solo lavorare su un range limitato. Di norma è bene non intervenire più di tanto con il precarico, per non perdere la sensibilità iniziale dell’elemento elastico, ma provare diverse tarature e scegliere quella più azzeccata alle nostre esigenze, senza fossilizzarsi troppo su una tabella trovata in internet. La regolazione del Sag è bene farla con i registri delle compressioni tutti aperti per non intaccare la sensibilità della sospensione. In linea di massima: rider tranquilli=sospensioni più morbide, manette=sospensioni più dure, perché a parità di peso, un rider più veloce le sollecita di più. Come si misura il Sag Fascette oppure o-ring servono per monitorare il lavoro delle sospensioni (non presenti su ammortizzatori a molla). Portateli a battuta, salite sul mezzo stando in piedi caricando leggermente l’anteriore (soprattutto se trattasi di bici da downhill, l’angolo di sterzo aperto in alcuni casi non fa nemmeno lavorare la forcella), non toccate i freni per non limitare l’affondamento, non molleggiate e scendete senza dare scossoni al mezzo. Di norma se vado a girare dove è veloce e scorrevole riduco il Sag, viceversa se il trail è una lunga trincea… Per monitorare l’affondamento sul posteriore, se disponete di ammo ad aria il gioco è fatto, basta ripetere quanto avete fatto per l’anteriore. Se l’ammortizzatore è a molla, potete versare una goccia d’olio sull’asta (in prossimità del raschia polvere) e calcolare il Sag guardando il punto in cui c’è il residuo d’olio. Il rebound O ritorno, è la regolazione più importante in una sospensione, perché controlla la velocità di estensione una volta che la sospensione si comprime. Più è veloce, più la sospensione si estenderà velocemente, viceversa se il registro è stato chiuso. Se l’estensione è rapida, la sospensione si estende rapidamente e fa sempre in tempo a digerire gli altri impatti, ma se è troppo rapida, il rischio è che non ci sia un controllo sull’estensione e ci si ritrova ad avere un avantreno ballerino con la perdita di precisione della traiettoria a media/alta velocità su fondo mediamente sconnesso. Se l’estensione è lenta, la sospensione tende a diventare pigra, con il rischio che non faccia in tempo ad estendersi nuovamente a fronte di impatti in successione. Per rider veloci è consigliato un rebound più rapido, viceversa per quelli tranquilli. Di norma il registro del rebound è singolo, ma su alcune sospensioni è doppio, un registro controlla l’inizio corsa e uno il fine corsa. Se registrare il controllo dell’estensione di inizio corsa è più semplice, perché con il nostro peso riusciamo a “sentire” la sospensione, quello di fine corsa richiede più esperienza e alcune tecniche per cercare di mandare a pacco rapidamente la sospensione. Hi-Low Speed Hi e Low Speed non sono altro che filtri che agiscono sulla fase di compressione, ovvero quando la sospensione passa da completamente estesa a compressa (quando successivamente la sospensione si estende entra in azione il rebound). Benché la maggior parte della gente creda che le Hi e Low speed controllino le sospensioni quando si va piano o veloce, in realtà non è così. Cercate di pensare all’olio che qualsiasi sospensione ha al suo interno. Se l’olio scorre lentamente all’interno del pacco lamellare, quindi ondeggiamenti da pedalata, staccate dolci, compressioni lievi, entrano in gioco le Low Speed, ossia le “basse”. Di norma questo accade quando andiamo piano, ma anche quando siamo lanciati a fuoco su trail lisci o sui kicker fatti a regola (senza buche). Ma fate attenzione, anche quando andiamo piano e impattiamo su un gradino, una radice o scendiamo da un dislivello bruscamente, non sono più le Low ad entrare in gioco ma le Hi, perché in quell’istante la sospensione si muoverà rapidamente. Le Hi Speed controllano il passaggio rapido dell’olio all’interno del pacco lamellare, quindi parliamo di terreni molto sconnessi presi allegramente, staccate su terreni rotti, letti di pietre o radici, salti con atterraggi sul piatto (un atterraggio perfetto su un salto da anche 15 metri può far lavorare solo le Low), e via dicendo, insomma quando percepiamo un lavoro frenetico delle unità ammortizzanti. Come regolarle Adesso immaginate che questi registri siano come delle bilance, se andiamo a migliorare un aspetto, per forza di cose perderemo dall’altra parte. Un esempio? Voglio limitare l’ondeggiamento delle sospensioni quando pedalo in piedi, bene, chiudo le Low, risultato, la bici ondeggia meno. Ma cosa perdo? Perdo in sensibilità, perdo quel feeling burroso che ho nei primi centimetri della corsa. Un altro esempio. Ad ogni atterraggio o su ogni staccata brusca la bici va a fondo corsa, bene, chiudo le Hi, risultato, la mia bici “galleggia” di più, ma vado a perdere centimetri di escursione preziosi utili in altre situazioni. Il registro che vedete in foto è il Bottom Out (fine corsa) e non è presente su tutte le forcelle. Di norma trattasi du un semplice tampone, simile agli elastomeri che si usavano una volta all’interno delle forcelle. Io non solo non l’ho mai usato, nel senso che non ho mai avvitato quel registro per averne di più, ma l’ho anche accorciato tagliando il tampone per permettere alla forcella di arrivare sempre a fine corsa e non fermarsi spesso a due dita dalla fine. A mio avviso, se la sospensione è ben concepita e tarata, si può tranquillamente farne a meno. E’ chiaro che se peso tanto e guido come un cinghiale, mandando perennemente la forcella a pacco, lasciamolo intatto! Bilanciamento delle sospensioni Luca Masserini su un piccolo doppio di Les Deux Alpes quest’estate Non sta scritto da nessuna parte ma è bene che entrambe le sospensioni lavorino a braccetto. Per assurdo, se la vostra forcella fosse pigra, bisognerebbe che anche l’ammo diventasse pigro. Questo perché? Perché di norma le asperità che incontriamo prima con la ruota anteriore, sono le stesse che poi la sospensione posteriore deve digerire. Se su quell’ostacolo, o serie di ostacoli, la nostra bici avesse un doppio comportamento, il feeling che avremmo sarebbe sfalsato. Nonostante ciò, conosco decine di ottimi rider che impostano la forcella “veloce”, quindi con un rebound molto rapido e l’ammortizzatore lento, perché davanti vogliono che lavori sempre e tutta, ma dietro amano farla stare seduta, per limitare il movimento della ruota posteriore, per mantenere l’angolo di sterzo più aperto, o perché non ne capiscono un granché di taratura delle sospensioni. Voi fate come volete, io da sempre le ho perfettamente bilanciate, di modo che possa entrare in contatto con “lei” il più in fretta possibile, senza perdere tempo per analizzare prima un comportamento, poi l’altro e guidarla di conseguenza. Siate obiettivi Lanciato a fuoco su un trail che terminava con un grosso step-up, in questo caso via le mani dai freni e sospensioni “bloccate” per non perdere potenza! Cari biker, regolare le sospensioni non è certo cosa semplice, bisogna tenere a mente decine di fattori, quali la bici, il peso del rider, lo stile di guida, quanta adrenalina abbiamo in corpo, il terreno e la varietà dei trail che andremo a percorrere in quella giornata. Per farvi capire cosa intendo, vi racconto questo aneddoto di un amico che al Monte Tamaro, noto spot scassato dal primo all’ultimo metro, ha chiuso tutte le Hi-Low Speed perché appena partiti aveva fatto un salto ed era arrivato a fine corsa. Quale idiozia… di salti come quello non ne abbiamo più fatti per tutta la giornata e dopo due discese lamentava un affaticamento inusuale a gambe e braccia. Se si fanno determinate cose è giusto andare a pacco, così come se il trail non presenta particolari ostacoli, non bisogna lamentarsi se le sospensioni lavorano per metà. Lo chef consiglia Sospensioni bilanciate sono una sicurezza sia che si tratti di tenere le ruote a terra, sia quando stanno per staccarsi… Il consiglio è di tenere sempre aperte le Hi e Low Speed su forcelle da discesa (200 mm a doppia piastra), quantomeno le Hi, visto che se affonda troppo potete agire sul precarico molla o aumentando la pressione dell’aria se presente. Decisamente meglio affinare la sensibilità sul ritorno, piuttosto che giochicchiare con quattro pomelli allo stesso tempo senza sapere cosa e come possono andare in “crossover”. Sulle forcelle monopiastra da enduro (ad aria) generalmente tengo un Sag abbondante, ideale per terreni più scassati e uso le Low a metà su terreni molto scorrevoli e poco accidentati. Questa operazione è per pura comodità, visto che sarebbe più corretto partire sempre dal quantitativo d’aria. Sugli ammortizzatori da discesa uso solo le Low quando il trail non ha troppe sconnessioni e consente andature veloci, mentre su bici da enduro generalmente lascio il tutto aperto, perché su lunghe discese il surriscaldamento dell’aria provoca già un indurimento di per sé. A tal proposito, il rebound andrebbe calcolato un filo più lento a sospensione fredda o rifatto non appena terminata una lunga discesa, perché con l’aria le sospensioni patiscono di più il surriscaldamento. Come sperimentare Se proprio volete imparare ad usare i registri, prendete di mira una discesa e lavorate sempre su quella, la stessa giornata, con lo stesso terreno e un taccuino su cui annotare i clic e le sensazioni di guida, ma fate sempre una regolazione alla volta in modo da isolare eventuali percezioni. Quando tarate le sospensioni, come dicevamo prima, entrano in gioco molteplici aspetti, non sottovalutate nemmeno un’uscita con lo zaino strapieno e quella dopo senza indossarlo nemmeno, se volete la precisione, tutto fa brodo…