La mia preziosa amica ai tempi del Covid… Roberto Calcagnile 20 Aprile 2021 Brainstorming Lo devo confessare, ho un’amica davvero preziosa, anzi due per la verità. Una mi fa girare nei boschi e l’altra per strada, sono davvero un tesoro dal valore inestimabile. Devo tanto a loro e voglio raccontarvi perché. Io le bici le ho sempre amate. Mi ritrovo ipnotizzato davanti alla vetrina di un ciclista e mi capita da sempre. Le proverei tutte, divento come un bambino in un negozio di giocattoli, Alice nel paese delle meraviglie. Da bambino andavo a girare nei campi da motocross con le prime bici da fuoristrada e ricordo che quando mio padre lo scoprì mi legò la bici a un catenaccio in garage perché temeva il peggio. Poverino, se le studiava tutte per mantenermi intero, adesso lo capisco, all’epoca invece mi indispettivo e usavo le biciclette degli altri miei amici, felice di continuare a fare quello che mi piaceva. Il panorama dal pianoro sul Colle della Portia. Non avete idea di quale concentrazione maniacale io metta per ascoltare le sensazioni che provengono dalle sospensioni o dalle gomme mentre spingo in discesa o quale piacere io provi mentre galleggio tra radici e pietre in un bosco profumato di abeti o ancora mentre spingo su una salita di montagna. Guardo il panorama spettacolare che offre un tornante esposto, mentre le gambe lavorano sui pedali per raggiungere quello successivo e non vedo l’ora di arrivare in cima per poi scendere a tutta, valutando la traiettoria migliore per mantenere la velocità, evitando i veicoli in arrivo. La sensazione di libertà che provo è ineguagliabile. Scarico tutto lo stress che ho accumulato con questa storiaccia che ci dà il tormento da un anno, tutti sapete cosa intendo dire. Mai come ora ne abbiamo bisogno. Già prima, quel giro in mezzo ai boschi mi aggiustava la giornata, come un caffè che arriva a tonificarti dopo due ore di duro lavoro, come una brioche calda al mattino appena alzato, come l’abbraccio di chi ti ama e ti rassicura con il suo affetto. Quel giro, talvolta in solitaria, circondato dai boschi e dai suoni della natura, perché chiamarli rumori è davvero troppo irrispettoso, ti aggiusta la giornata, ti rimette in carreggiata, ti fa tornare la fiducia nella vita. Voglio raccontarvi questa storia perché a me ha colpito molto. Il bivacco sul Col della Portia, meta agognata di tante escursioni MTB piene di sudore, gioia e riflessioni. Qualche giorno fa, inseguito da una serie di sfighe che si stavano abbattendo sul mio cammino, ho deciso che avevo bisogno della mia “ora d’aria”: dovevo staccare in qualche modo e il modo migliore per farlo è prendere la bici, lavorare sui pedali e svuotare la mente nei colori del bosco e nel silenzio della natura. Destinazione “Col della Portia”, un colle che si trova poco sopra il Col del Lys sopra a Torino e che ospita un piccolo bivacco carino ed accogliente. All’interno si trova l’indispensabile per il primo soccorso, un fornello per scaldare le vivande e un piccolo altare dove recitare qualche preghiera. Ho caricato la MTB in macchina e sono partito alla volta di un piccolo albergo, una pensioncina che si trova in una frazione sotto il Col del Lys: da bambino una volta sono andato lì in vacanza con i miei genitori che quell’anno non volevano spostarsi troppo lontano per motivi familiari. Mi piace rivivere quei momenti, arrivo e vedo mio papà che scarica la macchina o che è seduto in uno dei tavolini davanti all’ingresso, o mentre parla con Luigi il proprietario. Mi piace quel momento mentre parcheggio l’auto e monto la ruota anteriore, perché riesco a rivedere nitidamente mio papà, ed è l’unico modo che mi è rimasto per ritrovarlo… Mi assicuro di aver preso tutto e prendo a salire sull’asfalto fino al colle. La salita è bella tosta, ma con i rapporti da MTB senza spingere troppo non si accusa troppo lo sforzo. Finalmente arrivo al Col del Lys, mi fermo ad osservare un attimo il panorama e poi mi butto sullo sterrato che parte in discesa e poi sale parecchio su una pietraia fino al Colle della Portia. Mi accorgo che mentre salgo i pensieri si stanno diradando, la mente inizia a essere più libera e le gambe adesso hanno preso il ritmo. Ci sono il bosco e il sentiero che hanno preso il posto degli affanni, delle tensioni, delle preoccupazioni… tutto sembra più facile, più leggero. Arrivo al Colle, finalmente vedo il mio rifugio/bivacco e noto una bici appoggiata vicino alla porta d’ingresso. Una MTB front, un po’ vecchio stile ma in ordine e allestita per il ciclo escursionismo. Sono un po’ “orso” talvolta, lo ammetto, ma oggi non sono solo e decido di salutare il mio inaspettato compagno d’avventura. Busso, entro e trovo un uomo più o meno della mia età. Mi saluta alzando la mano ma non dice nulla. Capisco perché non parla, è imbarazzato e sta cercando di ricomporsi velocemente. Si asciuga gli occhi e intuisco che ha pianto. Fa sempre male vedere un uomo piangere, dà il senso della disperazione che tutti cerchiamo di nascondere anche nei momenti più tristi, ma ci rende favolosamente umani. Mi scuso per l’intromissione e faccio per uscire, ma lui si schiarisce la voce e dice di sedermi che gli fa piacere. Dopo qualche attimo di silenzio mi racconta la sua storia. Forse la storia di tanti. Ha perso il lavoro, gestiva un piccolo ristorante, chiuso ormai da un anno. Mi racconta di tutti i sacrifici che ha fatto per aprirlo, mi racconta con la voce rotta dall’emozione di quanto gli manchi suo padre che lo ha lasciato due anni prima, non riesce a trattenere le lacrime. Lo capisco, quel dolore ti accompagna sempre, io lo so bene, l’emozione contagia anche me. Gli metto una mano sulla spalla e gli dico che passerà, che siamo fortunati ad amare la bicicletta e avere questa grande occasione di evasione da quel mondo pieno di problemi che ci aspetta laggiù. Tiro fuori il thermos che mi porto sempre dietro, ci metto il caffè di solito, così quando raggiungo il rifugio lo prendo insieme agli scoiattoli che trovo sempre sul pianoro ad aspettarmi. Oggi però lo prendo con Luciano, i suoi occhi mi ringraziano, capisco che è contento di essersi confidato con me, abbiamo fatto amicizia. Sorseggiamo il caffè mentre ci scambiamo pareri, impressioni, speranze, tante pacche sulle spalle reciproche, come sempre bisognerebbe fare tra esseri umani. Questo virus vuole dividerci, ma invece ci unisce ancora di più: il valore del rapporto umano, adesso che viene negato, lo apprezziamo davvero per quel che vale. Usciamo dopo un po’ a goderci quel sole caldo di inizio primavera, gli scoiattoli ci sono sempre e ne vediamo almeno tre passare veloci e un po’ intimoriti ma curiosi per questi ospiti che arrivano in sella o a piedi a visitare quell’angolino di paradiso. Io e Luciano facciamo la discesa insieme, arriviamo al piazzale del Colle e ci salutiamo, lui ha la macchina parcheggiata lì, a me attende ancora un bel pezzo di discesa su asfalto. Ci scambiamo i numeri di telefono e ci salutiamo come due vecchi amici. Mentre torno giù, la guardo con riconoscenza: che tesoro la mia bici, quante belle emozioni mi fa provare, quante tensioni mi fa scaricare e oggi ha voluto regalarmi anche un nuovo amico.