“La notte è più bello, si vive meglio per chi fino alle cinque non conosce sbadiglio e la città riprende fiato e sembra che dorma, e il buio la trasforma e le cambia forma” (Lorenzo Cherubini – Gente della notte) Buio, rumori ovattati. La salita piega verso destra ma la pendenza non accenna a diminuire. Un’auto dei vigili blocca la strada mettendosi di traverso: quattro frecce accese e parole dette sottovoce mentre la luna sbuca da nuvole che, per come sono messe, sembrano vogliano fare da sipario. Arrivano. All’inizio tutto è un unico bagliore indistinto e tremolante, un solo grande cono luminoso che però, metro dopo metro, esplode in mille giochi di colore. Voci e dialetti che si mescolano: pesarese, romagnolo, bolognese, toscano, aretino in un turbinio di giubbotti gialli, camicette hawaiane indossate sopra la divisa, una coda di lupo che penzola da un paio di pantaloncini biancocelesti e la sensazione, fantastica, di un attimo che vorresti cristallizzare per sempre. Magia. Li osservo lanciarsi in discesa lungo la ripidissima strada del Monastero, tra risate squillanti e freni che stridono. Un attimo dopo non ci sono più, come inghiottiti da un vuoto pneumatico e il buio torna padrone. Sono all’inizio di un viaggio fantastico che, alla fine, li porterà stanchi, infangati e soddisfatti, di nuovo in spiaggia ad aspettare l’alba. Quello che segue è il racconto di una notte da ricordare per centoventi biker “col pelo”. Ci saranno storie, volti, facce stravolte dalla fatica, risate, un vigneto invaso di adrenalina e poi restituito alla notte, il mare a fare da sfondo e i grilli come colonna sonora. Ci saranno fango, catene che non ne vogliono sapere di lavorare, una Moretta servita come ristoro e venti chili di scottadito offerti per secondo dopo un’ottima pasta al pesce. Ci saranno bomboloni alla crema, caraffe di caffè caldo e il desiderio che tutto possa ricominciare. Mannaro Bike Tour 2014, Pesaro, strada panoramica del San Bartolo: che la notte abbia inizio. C'è un temporale in arrivoPrositBicycle RaceIl Riposo del Mannaro “Max, ritardo 10 minuti. Arrivo per le 18.10. Dalle 20 tutto si aggiusta, abbi fede! Lascia che si sfoghi ora” Hotel Des Bains: stanza semi avvolta dall’oscurità e poche lame di luce a fare da variazione sul tema penetrando dalle feritoie di una persiana lasciata aperta. Il trillo del cellulare mi risveglia dal torpore di un sonnellino pomeridiano e un tuono esplode proprio sulla mia testa: temporale. Andrea mi aspetta a bordo di un Kangoo blu che deve averne viste veramente tante. E’ lui il deus ex machina dell’evento e si vede. E’ adrenalitico: camicia azzurra, pantaloni corti color caki e barba “mannara” rasata di fresco. Guida, risponde al telefono e, nel frattempo, racconta, pianifica, sbroglia matasse e fa programmi: “adesso smette, è solo un temporale, devo parlare con i ragazzi della band, se è tutto bagnato è dura”. “Non ho ricevuto nessuna disdetta, anzi continuano a chiamare…rispondi tu per favore?” Rido e do indicazioni sul luogo di ritrovo: “…baia Flaminia, davanti all’hotel Flaminio, spiaggia Joe Amarena”. Scherziamo su questa improvvisata sinergia e, tutti e due senza ombrello, ci buttiamo nella tempesta. La spiaggia è avvolta dall’oscurità: nubi nere cariche di pioggia e fulmini talmente vicini da mettere paura. Il San Bartolo incombe alle nostre spalle con tonalità di verde carichissime. Mare gonfio, minaccioso. Ombrelloni chiusi sbatacchiati dal vento, una passerella resa viscida dall’acqua, goccioloni gelati che penetrano nel colletto e sguardi interrogativi.“Chi ha uno smartphone? Devo consultare il radar!” Filippo ha gli occhi neri fiammeggianti di adrenalina, una felpa rossa, pantaloncini blu, infradito ai piedi e riccioli ribelli. E’ il responsabile della spiaggia “Joe Amarena” (cuore logistico della manifestazione) e, app del meteo alla mano, mi spiega come si muoverà la perturbazione: “Si sposta verso Nord Est e il peggio arriverà alle nove…” La smorfia del viso ne tradisce tutta la tensione. Andrea corre a destra e sinistra: ci sono da montare i palchetti del pacco gara, scatoloni da scaricare e una band da congedare a malincuore. I biker arrivano e si guardano intorno: “è qui per la Mannaro? Ma si fa lo stesso anche se piove?” Marco arriva da Bologna: sguardo pensieroso rivolto al cielo, braccia conserte, una felpa grigia, barba da filosofo e occhi buoni: “ma si, anche se piove la facciamo, viene più estrema!” “Da dove vieni?” “Sono di San Giovanni in Persiceto e ne sto aspettando altri”. Eccoli gli altri: arrivano alla spicciolata, a gruppetti o da soli. I più audaci azzardano una derapata sulla passerella di ingresso, i più timidi cercano conforto nello sguardo di un amico. Ce n’è per tutti i gusti: dal biker iper proteico con due clave al posto delle cosce a quello con maschera e boccaglio in tema col clima. C’è chi è venuto con la famiglia e chi con l intera squadra. Go Pro a profusione montate sui caschi, impianti di luce più o meno artigianali, fisici snelli e pance rigogliose a far bella mostra di sè sotto le divise attillate. Un padre sembra quasi spingere un timidissimo ragazzino in maglia Scavolini, una ragazza segue silenziosa il fidanzato e un gruppo di biker di Rieti sfoggia una maglia mannara creata per l’occasione. Un borbottio in lontananza: un Ape Cross scende lungo lo scivolo, parcheggia e, in pochi attimi si trasforma in un chiosco di birra artigianale con tanto di iPad e wifi per seguire la finalina dei Mondiali. “Scrivilo come si chiama la mia birra, mi raccomando!” Una voce gracchia dentro un megafono: è Andrea, una delle guide del Trek and Bike di Pesaro. Ride, sbeffeggia, coinvolge e sopperisce alla mancanza della band. Poco più avanti un Luna Park rilancia le note di una veccha hit di Umberto Tozzi e sparge allegria nell’aria. La pioggia accenna a smettere e la sabbia ha drenato bene. Incrocio lo sguardo di Filippo: la tensione si è allentata. Sorride. Ristorante GIbas, avventori ai tavoli, parcheggio pieno, insegna illuminata e un pergolato che sembra uscire direttamente da una fiaba Un tavolino di legno vicino ad un parapetto a picco sul mare, due brocche metalliche, pile di bicchieri di carta e una ragazza bionda che, in abbigliamento “mannaro style” sorride timidamente e attende i primi eroi. “Chi vuole la Moretta?” Arrivano in un turbinio di voci e risate, con il fango che inizia a decorare le divise e tutta una serie di leggende che iniziano a rincorrersi: “Ma l’hai visto quello che lecca che ha tirato in discesa?” Ritrovo Marco, assieme a Bet, Beppe, Bubu, Titti e Albert, compagni di avventura che, parole sue, “sono una bella squadrina di matti”. Ride della sua cuffia da doccia a protezione del casco, della sua camicetta hawaiana, dei manicotti che sembrano tatuaggi maori e che, alla fine, non scaldano affatto e, da appassionato fotografo, gode della luce garantita dalla luna. La Moretta (antica bevanda inventata dai pescatori di Fano) scende giù che è un piacere con un retrogusto di rhum e brandy che rende arzilli e che fa digerire la pasta e gli scottadito serviti a cena. Gli occhi si fanno brillanti, i brindisi diventano la regola e i bis (e qualche volta i tris..) non si contano più. Tra i più divertiti Giacomo, fotografo ufficiale della manifestazione: inquadra e scatta in continuazione e non smette mai di ridere. Fango a fiumi. Movimenti veloci, furtivi, collaudati. Colpi di martello a fissare dei paletti, bande bicolore da srotolare, un tavolino azzurro come quartier generale e un generatore di corrente che amplifica la notte. Consultazioni febbrili: “la gara si fa?” “No, c’è troppo fango, non me la sento” “No, no, la facciamo, abbiamo segnato tutto” Fattoria Mancini, patria di uno dei vini più pregiati di Pesaro. Andrea e Gianluca “Local” parlano fitto fitto attorniati da un gruppo di biker scalpitanti. Si decide per un giro di prova. Solo dopo, chi lo vorrà, potrà correre la sprint a cronometro.Partono per poi sbucare in cima ad una collinetta solcata da un tagliafuoco dalla quale buttarsi giù a cannone. Scendono in gruppo, lucine senza volto con Andrea alla guida. Incitamenti e grida a squarciare il silenzio: “Dagli giù, dagli giù”. Spariscono in mezzo alle vigne e poi riappaiono più in basso, poco prima di una serie di curve a gomito che, solo a vederle così invase dall’argilla, fanno paura. Il giro si chiude con una rampa verticale, lunga e assassina che, complice la palude, costringe tutti a salire a piedi. “Allora chi se la sente?” La voce di Gianluca rimbomba nella notte e ha un che di divertito. Alla fine partono in dieci: gli altri faranno un tifo da Tour de France accanto alla prima curva del cavatappi. “Quando arrivate urlate il vostro numero!” Le sedie e i lettini della spiaggia hanno perso molto del loro bianco originale. Al loro posto chiazze d’acqua e striature di fango. La Baia e avvolta dal silenzio. Sono arrivati tutti: chi sgommando, chi cercando i propri cari, chi sdraiandosi sotto le ruote di una jeep e chi agghindandosi con due ramoscelli a mò di copricapo. Gli occhi fiammeggiano ancora di adrenalina ma, guardando bene, i segni della fatica affiorano evidenti. Giacomo ride divertito: ha scattato mille foto, e, come ricordo, ne ha ricavato un copertone in pieno ventre. “Stavo fotografando un ragazzo che è andato lungo e si è impuntato”. I tavoli del bar sono apparecchiati con ogni ben di Dio: bomboloni, biscotti al cioccolato, crostata e caffè caldo. Gli occhi si fanno famelici ma, prima, c’è un’ultima formalità da sbrigare: le premiazioni della gara sprint! A vincere è un biker di Livorno: viso abbronzato, divisa nera, gambe depilate e ipertatuate. Lavora nella Marina Militare e, per essere qui, ha dovuto chiedere il permesso con sei mesi di anticipo. La foto di gruppo sancisce il “rompete le righe”: è il momento dei primi bilanci, delle strette di mano, dei saluti e dei ringraziamenti. L’ultima storia è quella di due biker romani, padre e figlio. Parlano sottovoce dandosi le spalle e incrociando lo sguardo solo quando c’è da rafforzare il concetto. Hanno il treno alle sei ma, complici le luci e la voglia di pedalare, decidono di pedalare sulla ciclabile fino a Fano. Andrea, si lascia andare: giubbotto giallo, occhialini da professore e volto finalmente disteso. Finalmente potrà dare sfogo a tutto il suo sonno arretrato. Mi guarda: “allora Max, che te ne pare?” Rido: “fantastica!” Mi muovo verso l albergo in un’atmosfera che non ha perso nemmeno un grammo della sua magia. Guardo il mare, gli scogli, il “pallone” della Scavolini Basket, i palazzi marroni e l’hotel Flaminio illuminato da faretti viola. La mente torna ad un messaggio ricevuto più di due anni fa. Quel whattsap conteneva un link e se non fosse stato per la persona che me lo ha mandato, io questa notte non l avrei mai vissuta. Rido e sussurro un grazie. Mannaro Bike Tour: all’anno prossimo! “…e mi attacco alla luce di questa notte… E salto, salto ma rimango giù… La porta dei sogni chiudila tu…” Ligabue (la porta dei sogni) Autore dei testi: Massimiliano Lamberti