Intervista a Marco Aurelio Fontana: dagli inizi in mtb al sogno delle Olimpiadi di Tokyo 2020 Riccardo Tempo 22 Settembre 2016 News Durante la fiera veronese dedicata al ciclismo CosmoBike Show, la redazione di strada.bicilive.it ha avuto il piacere di intervistare Marco Aurelio Fontana, vincitore della medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Londra 2012 e sfortunato protagonista ai recenti Giochi di Rio 2016 a causa di una foratura nella specialità mtb cross country. Con lui, presente a CosmoBike allo stand del produttore di selle Prologo, abbiamo parlato della sua avventura nel mondo della mountain bike a 360°, partendo dalle prime impennate davanti alla scuola Media Salvo D’Acquisto a Cesano Maderno fino ad arrivare agli obiettivi del futuro, in primis i Giochi Olimpici di Tokyo 2020. Durante CosmoBike Show 2016 la redazione di bicilive.it ha avuto l’opportunità di intervistare il campione di mtb Marco Aurelio Fontana Quanto è importante l’allenamento in bici da corsa per un biker piuttosto che per uno stradista l’abitudine ai sentieri su una mtb? Qual è l’umore di Marco Aurelio dopo Rio 2016 e quale potrà essere il futuro della nazionale italiana maschile e femminile di Xc? Prima di conoscere i suoi pareri su questi e tanti altri argomenti, vi invitiamo a guardare il video prodotto da Prologo, in cui l’olimpionico azzurro racconta le proprie emozioni in sella a una mtb, citando anche Peter Sagan e Mathieu van der Poel. Marco Aurelio Fontana e i programmi futuri: dal 2017 ai Giochi di Tokyo 2020 RT: Marco Aurelio Fontana, quali sono i tuoi programmi di allenamento e agonistici tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017? MF: Adesso è un periodo tranquillo, un periodo di riposo in cui si va un po’ di meno in bici. Anzi, anche niente bici per due o tre settimane e poi si inizia con un po’ di riding fino ad arrivare agli allenamenti veri e propri verso novembre. Per quanto riguarda invece i programmi del prossimo anno, durante il periodo invernale dovrei correre qualche gara di ciclocross per poi cominciare con la Coppa del mondo di Xc a maggio. Prevedi gare tranquille o “ci darai dentro” seriamente nel ciclocross? Prevedo cose tranquille, visto che le energie messe in una stagione olimpica sono veramente tante. Quindi ci vuole uno stacco netto, una ripresa graduale. Farò qualche gara, ma non so dire ancora quante… vedremo in corso d’opera. Da un punto di vista tecnico, per esempio nella componentistica della tua bici, cambierai qualcosa nel 2017? Non lo so ancora. Siamo in un periodo caldissimo della stagione. Nella testa di molti siamo già nel 2017 però, in verità, siamo solo a settembre. Ci vorrà quindi ancora un po’ di tempo prima di scoprire le carte definitivamente. Fontana ci ha svelato che questa è una fase della stagione di relax, con addirittura 2-3 settimana senza bici. Abbiamo colto l’occasione per offrirgli un buon prosecco e brindare! Come vedi attualmente il movimento italiano del cross country? Nella categoria Elite abbiamo partecipato in tre alle recenti Olimpiadi, fatto mai accaduto in precedenza e, dunque, è stato un grande passo in avanti. Abbiamo atleti giovani e forti come per esempio i gemelli Braidot. Luca (Braidot, ndr) ha capacità tecniche e fisiche notevoli, mentre Gerhard Kerschbaumer si è un po’ spento, ma io me lo ricordo ancora ai mondiali di Pietermaritzburg nel 2013, dove vinse due ori. A quei mondiali i nostri under si dimostrarono fortissimi e fa piacere rivederli oggi a buoni livelli tra gli Elite. Come mai questi tuoi compagni, pur avendo ottime potenzialità, sono ancora incostanti nel proprio rendimento agonistico? Sono poco costanti perché lo sport agonistico è attualmente estremamente competitivo e trovare una certa costanza è piuttosto difficile. Magari investi molto su un certo obiettivo e poi, se questo non dovesse andare a buon fine, rischi di ritrovarti fuori condizione nel pieno della stagione. Io dico che questi ragazzi possiedano qualità notevoli; infatti li ho visti fare certi numeri che altri non sono in grado di eguagliare. Non sono solo la scuola svizzera e francese ad avere dei fenomeni, ma pure la scuola italiana ha diversi piloti molto forti. A tal proposito, io ho visto Gerhard Kerschbaumer fare delle cose aliene e ho detto subito al mio meccanico Giacomo Angeli di averlo inserito nella mia “black list”, cioè tra i dieci biker tecnicamente più veloci e tecnicamente capaci del pianeta. Per farti un esempio, oggi Gerhard è al numero 49 del ranking mondiale, ma ha capacità da fare paura e lo stesso Luca Braidot tira curve ed entra in certi settori come pochi al mondo. Dunque possiamo dire di avere un bel vivaio. Come vedi invece il settore femminile? Nel settore femminile italiano sono presenti alcune ragazze molto giovani estremamente forti. Tra le Elite, invece, Eva Lechner ha la fortuna/sfortuna di essere l’unica azzurra a certi livelli e quindi c’è il rischio di “sedersi” un po’ nelle gare nazionali. Adesso ha compiuto il passo di andare a correre per un team americano e secondo me è stata un’ottima scelta perché troppe volte gli italiani si rinchiudono in formazioni più piccole e ciò non vuole essere una critica verso queste squadre, ma semplicemente un’occasione di crescita internazionale non sfruttata in pieno. Perciò sono convinto che Eva abbia fatto bene. Passando ai Giochi olimpici, tu sei andato bene a Pechino 2008, mentre a Londra 2012 (nonostante il bronzo finale) e Rio 2016 hai avuto piuttosto sfortuna. Che il ritorno dopo dodici anni in Asia, a Tokyo 2020, possa regalarti nuove gioie? Mi piace pensare che se dovessi gareggiare a Tokyo 2020, avrei concluso il giro del mondo. C’è chi ci mette ottanta giorni e chi dodici anni. Spero che, se dovessi riuscire a concludere questo cerchio, un po’ di fortuna sia dalla mia parte. Io sono un pilota che, dopo una foratura, ammette sempre il proprio errore però, questa volta (a Rio 2016, ndr), devo ammettere che sia andata proprio sfortunatamente perché quando ti metti su una linea provata cento volte dietro a un altro ciclista (Peter Sagan, ndr) e incredibilmente buchi… è proprio cattiva sorte! Dopo la gara Peter, che si è dimostrato come sempre un gran signore, è venuto a chiedermi scusa, però qui è contato di più il fattore sfortuna e non è stata assolutamente colpa di Peter. Io so solo che, se avessi tirato a tutta il primo giro, sarei rimasto da solo con Nino Schurter, che poi ha vinto l’oro. Però a fine discesa mi sono un po’ rialzato e l’ho osservato perché, se le prendi per tutta la stagione, alle Olimpiadi è forse meglio decidere di studiare l’avversario piuttosto che andare a tutto gas e vedere poi come andrà a finire. Per Fontana la partecipazione alle Olimpiadi di Rio è stata sfortunata e l’atleta ci ha raccontato di come Peter Sagan nel post gara sia andato da lui a scusarsi. E poi com’è andata? Io mi sono rialzato ed è andato davanti lui per pochi attimi prima di rallentare a sua volta. Penso che in quel momento abbia capito anche lui che avremmo fatto la gara noi due però, dopo quel momento di attesa, il gruppo è rientrato e siamo entrati in questa curva prima di affrontare la parte con i sassi e lì… purtroppo è andata male. Il tempo sul giro ce l’avevo, anche se poi i conti si devono chiudere dopo sette giri. Andavo fortissimo e dopo il mio rientro sono caduto mille volte perché mi incastravo spesso con i doppiati, ma quando ho cambiato e sono ripartito andavo come il vento. Allenamento: la bici da corsa per un biker e la mtb per uno stradista Tu, che sei uno specialista di mtb e ciclocross, ti alleni anche con la bici da corsa? Mi alleno tanto con la bici da corsa. Mi piace soprattutto allenarmi nella zona dove vivo (Castell’Arquato, Piacenza), in cui si trovano colline stupende con salite più o meno dure e più o meno lunghe. Inoltre mi sposto spesso verso la Liguria fra i percorsi della val Trebbia. Sono luoghi meravigliosi. Fontana ama allenarsi nelle zone di Castell’Arquato, dove vive, e tra i sentieri della Val Trebbia. Da un punto di vista tecnico, qual è l’importanza dell’utilizzo della bici da corsa per uno specialista della mountain bike come te? L’importanza dell’uso della bici da corsa consiste nel poter fare i lavori un po’ più lunghi, gli allenamenti di durata, in cui passare tante ore in sella. Inoltre serve per raggiungere una pedalata fluida, veloce e agile. Le nostre gare di cross country sono molto intense e, avendo bisogno di tanta potenza, la bici da corsa è utile per mantenere una pedalata ad alta cadenza. Viste le esperienze passate in mtb di ciclisti quali Sagan, Nibali e Aru, secondo te quanto può essere importante l’allenamento in mountain bike per uno stradista? Il primo fattore è il divertimento. Pedalare per dodici mesi consecutivi su una bdc può essere un po’ noioso e la mtb serve per affrontare stimoli nuovi e diversi sia a livello neuromuscolare sia a livello psicologico. Inoltre ti insegna una buona tecnica di guida. Sicuramente è più semplice l’apprendimento di una buona tecnica a livello giovanile piuttosto che a 30 anni, però anche un trentenne, passo dopo passo, potrebbe riuscire a raggiungere un buon grado di abilità. Oltre al divertimento e alla tecnica di guida, la mtb ti può far aumentare anche il coraggio? Sì, sicuramente. Marco Aurelio Fontana con lo staff di bicilive.it presente a CosmoBike Show 2016. Concludiamo con una curiosità, visto che siamo cresciuti in posti non troppo lontani tra di loro. In che modo è iniziata la tua passione per la mtb dato che Cesano Maderno e dintorni non sono particolarmente pieni di percorsi da cross country? Io ricordo alcune grandi impennate vicino alla scuola Media Salvo D’Acquisto a Cesano Maderno. I miei amici mi guardavano in modo strano, però credo che ora la bici sia più di moda fra i ragazzi delle Medie rispetto a qualche anno fa (Marco è classe 1984, ndr). Con l’avvento delle push bike mi piace pensare che un bambino di 2/3 anni, pur divertendosi sempre a tirare calci a un pallone, con questa bici vada fuori di testa. Quindi, secondo me, da qui a qualche anno la bici diventerà ancora più forte, divertente e un’ottima possibilità di gioco. Oltre alle impennate a Cesano, noi abbiamo una casetta sul Lago Maggiore e ricordo che a circa dieci anni, con la mia bicicletta da 24″, mi divertivo a fare i salti tra i gradini, pur non gareggiando ancora. Gradini che, tuttora, mi mettono i brividi.