Dopo aver conosciuto il guru di Whistler (Tom “Pro”, nda) vi facciamo fare la conoscenza di Pippo “Randagio” Marani, il guru del trail building di casa nostra.

Pippo è l’icona della downhill italiana, uno dei pionieri del gravity, colui che ancora oggi si sbatte per portare a casa nostra gare di livello internazionale senza pensare al lucro finale. Come molti di noi Pippo fa tutto questo per passione, per amore della downhill e per amore della montagna, e si sa…la passione le montagne le smuove!!!

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Chi è Pippo Marani?

Pier Paolo Marani (per gli amici Pippo) è un modenese delle montagne che ha sempre avuto la passione per il gravity e per la velocità:

“All’età di 9 anni pedalavo, a 13 iniziai con le gare su strada durante le quali ho scoperto le mie doti da velocista, vincendo alcune gare. A 18 anni ho abbandonato la strada per dedicarmi alle novità che arrivavano dall’America, una di queste si chiamava BMX.
Era il 1984 e la Bmx era esattamente il mio sport, ma decisi di lasciarla poco dopo per buttarmi con anima e cuore nella mountainbike, e più precisamente nella downhill, che era la novità assoluta.
Il miglior risultato l’ho ottenuto nel 1994 al Campionato Europeo “Metabief” con un bel 6° posto, confermato dopo 10 anni in Val di Sole in occasione dei Campionati Europei Master sul tracciato da me disegnato; anche se lo conoscevo molto bene non è bastato!!
Il mio sopranome al tempo era “Pippo Randagio Doc” ed il mio motto era “senza soldi ma sempre presente alle gare”; da qui tutti quelli che si sentivano rappresentati da me e da ciò che facevo, divennero “Randagi” ed è grazie a loro che per anni ho organizzato il mitico “Randagio Day”, il raduno di fine anno più pazzo che sia mai stato fatto a Cesenatico….ma questa è un altra storia!!!
Sono stato Delegato Tecnico Down Hill FCI dal 1998 al 2003. Una bellissima esperienza realizzata grazie a Enzo Bova, presidente del settore Fuoristrada; alternavo gare ad impegni FCI, cosa che adesso sarebbe impensabile.
Eh si…da quel 1984 sono passati 30 anni, yeah!!!

La passione per la mountain bike e per il “gravity”, come e quando è nata?

La passione è nata, appunto, nel 1984, poi esplose negli anni ‘90, anni di vero “pionierismo” in tutti i sensi.
A noi Pionieri va il merito di essere stati i collaudatori di tutto, dallo sviluppo dei materiali alla “tecnologia” delle mountain bike che a quel tempo veniva proposta; tecnologia che adesso e’ molto avanzata e propone mountain bike che 30 anni fa erano impensabili; tutto questo è stato realizzabile grazie al nostro grande lavoro. Eravamo persone con solo un obbiettivo: divertirsi e condividendo tutto; al punto che il risultato passava in secondo piano.
Quello che è rimasto invariato negli anni sono i tracciati. Per me sono e saranno sempre naturali, ed è per questo che il mio amore per il gravity dopo tanti anni è ancora molto forte.

Il trail building, com’è iniziato il tutto?

E’ iniziato per necessità, in quanto i primi anni di gare alcuni organizzatori non avevano presente quali caratteristiche dovesse avere un tracciato “down hill” e proponevano discese con a metà percorso una salita, e la lunghezza del tracciato sembrava più da cross-country che da downhill.
Pensa che la prima gara ufficiale FCI a Tivoli negli anni 90 era un tracciato di 28 km, con una salita di 3 km!!!
Io ho sempre amato i tracciati duri, tecnici e veloci, che esaltassero lo stile puro della downhill.
Era il 1991 e decisi di organizzare una gara con un tracciato realizzato da me (1° Monte Cimone Down Hill), come lo volevo io. Da li è nato tutto.
La mia vera palestra e’ stata Sestola, un’ esperienza lunga 10 anni durante i quali la downhill cambiava molto velocemente e le mountainbike si evolvevano altrettanto velocemente. Io proponevo sempre nuovi tracciati molto tecnici e veloci, adattati alle bici del momento, confrontandomi sempre con gli atleti, perchè solo cosi’ potevo migliorare. Ascoltare i “riders” è importantissimo.
Mi sono fatto un buon bagaglio tecnico di esperienza, che con gli anni mi ha permesso di organizzare 3 Campionati Italiani di Down Hill, 3 Campionati Europei Master Down Hill, 2 Campionati Europei Elite Down Hill, i Mondiali Down Hill in Val di Sole nel 2008, 5 World Cup di Down Hill ed il primo Giro d’ Italia Down Hill.
Queste che ho elencato sono le più importanti che ho realizzato, fico, no? yeah!!!

Semplicemente passione o un lavoro a tutti gli effetti?

E’ solo una grande passione. Sono libero di creare una linea che ho pensato, darle una forma e una personalità; vederla realizzata e poi apprezzata dai riders, non ha prezzo.

Hai mai partecipato ad un corso o ad un workshop con tema il trail building?

Non ho mai seguito un corso ma mi sono sempre affidato alla mia modesta eperienza; so che esiste un’associazione Americana (la IMBA, ndr) che si occupa di questo ed in Italia ha collaborato con alcune Società sul territorio per migliorare i sentieri sempre più utilizzati dai riders.

Come scegli un sentiero?

Nella scelta del sentiero è importante capire se tutti lo possono fare, in quel caso inizio la pulizia e i lavori; personalmente preferisco sentieri non più utilizzati perchè offrono di più e sono completamente “naturali”.

Una volta individuato il sentiero come ti “muovi”?

Per prima cosa bisogna dare visibilità e per farlo bisogna tagliare, usando tanto buon senso. Tutto quello che sporge a destra e sinistra, in alto e in basso, va tagliato, dov’è possibile con una larghezza di 3-4 metri; questo permette una visuale più ampia e una guida più rilassata e quindi molto meno rischiosa.
Bisogna poi cercare di eliminare tutte quelle situazioni di pericolo come radici troppo esposte, pietre appuntite che, se necessario, devono essere rimosse, ma non troppo perchè più togli, più il rider va forte e più rischia la caduta.
I mozzoni degli alberi tagliati, se esposti, devono essere tolti anche quelli, quasi alla radice, perchè fanno più male delle pietre.
Bisogna anche pensare alla pioggia ed il fango (I love mud!!!), evitare i punti estremi che con la pioggia creano pericolo ed individuare eventualmente un’alternativa.
Ci sono poi sentieri che, per natura, sono fatti di pietre; qui serve un occhio molto attento per cercare una buona linea, per poi lavorarci sopra.
Ogni posto ha delle caratteristiche diverse e la qualità del terreno fa la differenza.

Qualche consiglio per i nostri lettori che si avventurano nel trail building?

Il sentiero naturale offre molto, la manutenzione la fa la natura stessa e voi non dovete fare altro che spostare quello che trovate lungo il percorso.
Se il sentiero è costruito, avrà bisogno di più manutenzione perché ci saranno delle parti riportate con terra per creare appoggi e bisogna intervenire per tenere tutto compatto.
Se costruite passerelle, north shores, salti e altre strutture, fatelo fare a persone capaci, non avventuratevi mai a costruire ostacoli che creano pericolo gratuito; comunque le strutture di legno stesse hanno bisogno di manutenzione.
E’ molto importante fare manutenzione per creare meno pericolo ed è importante che ci siano persone con esperienza che diano “direttive” per farlo; poi con la volontà si può solo migliorare.
Ricordatevi sempre di rispettare il bosco che ci regala quelle sensazioni uniche che noi cerchiamo quando pratichiamo la mountainbike, non si può tagliare tutto. Si può anche fare, ma deve essere veramente indispensabile, altrimenti si deve aggirare “l’ostacolo”, per rispettare la natura in tutte le sue forme.

La pista di Coppa del Mondo in Val di Sole è una tua creatura, quanto costa (in termini di tempo) realizzare una cosa del genere?

La Val di Sole e lo dico con orgoglio, è una mia creatura nata per caso nel 1998.
Ero stato da poco nominato delegato tecnico FCI per la downhill quando una società ciclistica Trentina di Malè (il Gs Vecchia Canonica) fece richiesta alla FCI per ospitare i Mondiali di mountainbike. A seguito della richiesta facemmo un sopralluogo nel bosco con il delegato tecnico UCI di allora: Martin Whiteley (ora Team Manager Trek down hill ), capendo subito le potenzialità di quel posto: era il mio bosco, proprio quello che cercavo per esprimere tutta la mia creatività nel tracciare.
L’UCI era molto entusiasta della location e dei percorsi e, nel rapporto scritto da Martin Whiteley, venne fuori che per potere avere il Mondiale dovevamo prima organizzare un evento, in modo da collaudare i tracciati.
Così iniziò la storia della Val di Sole e io ebbi la mia grande occasione per farla entrare nella storia della downhill mondiale.
Il primo tracciato era per dare un’impronta, all’interno il bosco era ancora molto selvaggio e bisognava rodarlo, ma già alla gara finale del primo Giro d’ Italia downhill fu molto apprezzato dagli atleti, mettendo in risalto fin da subito la sua fisicità, diventata poi la sua caratteristica principale.
C’era tanto potenziale in quel bosco, la sua vastità ha fatto si che per decidere quale linea “seguire” impiegassi anche un mese, volendo essere certo di lavorare sulla più bella e più fluida.
Negli anni poi mi sono trovato a dover stare al passo sia con “l’evoluzione” delle mountainbike che con la preparazione degli atleti, sviluppando e realizzando linee sempre nuove con tratti sempre più tecnici, per elevare al massimo le doti di guida degli atleti ed il loro talento, nel puro stile della down hill e del “gravity”.
Per questo tracciato ho dato tutto. Entravo nel bosco alle sette di mattina e uscivo con il buio.
Quando sono nel bosco non penso alla fatica fisica, ed è per me anche un buon allenamento mentale; parlo con il bosco.
Magari penso ad una linea ed inizio a “pulirla”; poi all’improvviso vedo il Direttore (Teo Dog, il mio cane) uscire da un pezzo di bosco che io non avevo notato, ci “entro” dentro e scopro che mi piace. Così inizio a pulirlo e a sistemarlo insieme a Franco, Comandante dei Vigili del Fuoco, la mia ombra. Lavoriamo insieme alla pista da anni e lui si “incazza” perchè per ore puliamo da una parte, poi io cambio tutto e si ricomincia daccapo da un’altra parte; ma sono fatto così, non posso farci niente e lui lo sa bene!!! Sono maniacale e mi piace che tutto sia curato nel minimo dettaglio, perchè tutti devono avere le stesse possibilità di vincere.
Un aneddoto: per tracciare la pista del Mondiale dovevo cambiare l’arrivo che sarebbe dovuto essere in una sezione nuova e non più nel solito punto. Ho impiegato un anno, e molte ricognizioni, per capire se era fattibile e se avesse senso raccordare ciò che poi sarebbe diventato il “BLACK SNAKE TRACK”. Quel giorno con me c’era Ettore con lo scavatore, erano ore che ero in cima alla strada e m’immaginavo il finale, ma mancava qualcosa che desse valore al tracciato e quel qualcosa, era un salto. Feci un salto di 20 metri che non era previsto e che non avrei potuto fare in quanto non avevo il permesso; in cinque ore con Ettore ed il suo scavatore, abbiamo costruito il “Pippo Jump” nella parte finale del tracciato del Mondiale. L’ho inserito abusivamente, fortuna o sfortuna, ha voluto che proprio quel salto “abusivo” causò la conseguente caduta di Sam Hill, che stava volando verso il Mondiale; volare è volato, ma non sul podio, ed il tracciato è entrato nella storia della Down Hill World Cup.

Come hai proceduto sulla strada della realizzazione?

Tracciare una pista di downhill non è semplice, ci sono molti aspetti da considerare quando la si traccia, sia in fase progettuale che in fase realizzativa. Per prima cosa, personalmente, valuto la sicurezza degli atleti o di chi comunque la deve percorrere.
Una caratteristica unica della Val di Sole è il suo distinguersi dal resto per il modo di essere tracciata: tutta al NATURALE, utilizzando quello che offre il bosco.
Val di Sole amata e odiata dagli atleti (come tutte le grandi storie d’amore), criticata da tutti, ma che tutti vogliono vincere perché è la piu dura, unica ed inimitabile nel circuito della World Cup. Come ha detto Brendan Fairclough “steep, scary and challenging” (molto pendente, paurosa ed impegnativa).
In quindici anni il tracciato è cambiato ben quindici volte, perchè a me piace tracciare sempre nuove linee e gli stessi atleti cambiavano il loro stile di guida; con la loro evoluzione e quella della downhill il livello si alzava sempre rendendo giovani sempre più agguerriti e facendo aumentare il mio lavoro. Dovevo essere sempre aggiornato e preparatoper l’evento, per realizzare quello che gli atleti si aspettavano.
Proprio per venire incontro a tutte queste esigenze, negli gli ultimi 5 anni di World Cup, il tracciato era al massimo; era come una pista da Formula 1, anche sotto l’aspetto sicurezza. Nella sua lunghezza di 2.7 km c’erano ben 150 materassi, 20 reti, 1200 pali, 80 volontari e 30 medici a tenere tutto sotto controllo.

Ne è valsa la pena?

Ne valsa la pena, eccome!!!
E’ stata un’occasione unica, che mi ha permesso di confrontarmi con i Top Riders della downhill mondiale, un’esperienza unica del “down hill circus” per me, vissuta con persone speciali, con le quali ho condiviso grandi emozioni difficili da potersi raccontare.
Ho inseguito un sogno nel quale credevo, volevo tracciare per i top riders mondiali e ci sono riuscito; penso anche di aver lasciato un discreto segno nel circuito della Coppa del Mondo di downhill.
Quando gareggiavo, volevo vincere un Mondiale in Val di Sole e di Mondiale ne ho vinto più di uno. Ma quello che più importa e che mi ha ripagato di tutto, è il grande affetto dimostratomi da tutti.

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Ogni medaglia ha il suo risvolto, qual’è il risvolto della tua?

Che non ho potuto condividere tutto questo con le persone più care, come quei riders che sono mancati prematuramente e che con me sono stati i pionieri della downhill.
Lavorando sul tracciato dove hanno gareggiato, pensavo sempre a loro.
Questo pensiero è per voi pionieri che non ci siete più, R.I.P.

Progetti futuri e sogni nel cassetto

Progetti futuri: mi piacerebbe tracciare una prova di World Cup a Corvara, in Val Badia. Lì ci sono i boschi che preferisco.
Sogni nel cassetto: qualche anno fa mi sarebbe piaciuto diventare responsabile UCI per la Word Cup di down hill, ma oggi vi dico che il mio sogno nel cassetto è avere la possibilità di tracciare un’altra pista della World Cup, con un tracciato adatto alle nuove generazioni.

A proposito dell'autore

Stellette per vocazione ASD Emissioni Zero per passione. La montagna ce l'ha nel sangue, la passione per la mountain bike lo accompagna fin dalla prima adolescenza.