All in one | Pt. 3 Capitolo Finale Luca Masserini 2 Dicembre 2013 Tecnica Un’idea di che cosa abbiamo davanti ce la siamo fatta dai precedenti articoli e dal video , adesso entriamo nel vivo del discorso, ossia come la Lapierre 722DH può performare con la sospensione originale e montando i due nuovi ammo di casa RockShox. Quando ho ricevuto la bici, ho montato tutto il materiale di cui vi ho parlato nelle puntate precedenti, fatta eccezione per i nuovi ammo RS, arrivati più tardi. La cosa non mi è dispiaciuta affatto anche perché, molto probabilmente, non mi sarebbe mai venuto in mente di usarla con la sospensione originale, mentre in questo modo ho avuto un paio di mesi per comprendere bene il Fox DHX RC2 montato su questa versione base (la versione 722DH Team nel 2013 veniva equipaggiata con il più sofisticato Fox DHX RC4 Kashima). Curiosità nel 2014 troviamo a catalogo Lapierre solo il modello come il nostro, identico, segno che a breve verrà lanciata una nuova versione della 722DH. Luogo del test: Monte Tamaro, Svizzera. Condizioni meteo: stupende. Condizioni tracciato: trincea. Condizioni rider inizio giornata: in bolla. Condizioni rider fine giornata: bollito! Fox DHX RC2 Performance Il Fox DHX RC2, a differenza del Van RC e del DHX RC4, è una versione non vendibile in aftermarket, ma previsto solo come primo montaggio. Fox si sa, monta il Van RC (395€) su bici di gamma medio bassa, questo RC2 su media gamma e l’RC4 (740€) sul top di gamma. Lapierre equipaggia giustamente le tre taglie della 722DH con tre durezze di molle differenti. Sulla taglia small ne troviamo una da 350 libbre, sulla medium una da 400 e sulla large una da 450. Nonostante io non sia da taglia large vi ho spiegato il perché di tale scelta nella prima puntata, pertanto provando la bici con la molla di serie non mi sono affatto trovato bene. Non riuscivo ad entrare in sintonia con la bici e soprattutto non capivo la curva di compressione per poterla sfruttare al meglio. Ma in vista dei miei 70 kg vestito, la cosa era più che comprensibile. Così sono sceso di 100 libbre per vedere se mi trovavo meglio. A livello di Sag ero nel range corretto, così anche il feeling del semplice sedersi energicamente sulla sella mi faceva sperare di aver trovato la molla corretta, ma la prova sul campo mi ha fatto cambiare idea. L’RC2 montato su questa bici lavora molto bene sulle low speed, il suo affondamento sembra morbido e ben controllato nella fase di affondamento: abbastanza sensibile all’inizio, burroso e lineare nella parte centrale, per essere più sostenuto a fine corsa. Fin qui tutto nella norma. Usandola su diversi tracciati ho subito notato che, se su trail mediamente lisci e veloci iniziava a piacermi, nel rotto molto veloce la sospensione sembrava quasi andare in crisi. La ruota stentava ad avere aderenza, e sulle pietraie, dove c’è la risposta più secca a causa della durezza del terreno, l’impressione è che il posteriore saltellasse. Ho provato ad agire su entrambe le regolazioni a disposizione, e cioè sulle Low Speed Compression e variando la pressione nel serbatoio della Boost Valve. Il problema non era di certo da attribuire ad un mal funzionamento della compressione alle basse e aumentando la pressione nel serbatoio andavo a peggiorare la situazione, visto che la curva di affondamento risultava ancora più “puntata” e progressiva. Allora ho riportato la pressione della BV al minimo e ho montato una molla da 300 libbre. Sedendomi, il Sag era persino eccessivo e su tratti lisci in cui era bello pompare il mezzo, ad esempio tra una curva e l’altra, la bici si sedeva sul posteriore perdendo quel bilanciamento necessario per guidarla in modo dinamico. Anche se devo ammettere che nello scassato ero riuscito a trovare un livello soddisfacente per guidarla a pieno ritmo. Ma la bici, anzi, il suo settaggio, è un compromesso. Capisco che trovata la quadra ci siano aspetti in cui lavori meglio, ma la mia sensazione era che in questo modo ero costretto a scendere a troppi compromessi. In sostanza, per farmela piacere su terreni veloci, lisci e pieni di salti, aumentavo la pressione del serbatoio al massimo e chiudevo tutte le Low Speed. Per carità, se un rider vuole il 100% dalla propria bici, soprattutto su terreni diversi, deve essere disposto a frequenti interventi di taratura, ma la morale della favola, è che a mio avviso non è stato fatto un buon lavoro di tuning tra Lapierre e Fox. Dico questo per evitare che possiate pensare che il Fox RC2 non sia una sospensione riuscita, visto che su altre bici provate lavora in maniera divina. Le sensazioni sono state raccolte durante una stagione, provando le tre sospensioni in ogni condizione, ma la vera e propria comparativa si è svolta al Monte Tamaro in una giornata molto intensa… Tecnologie in comune Quando ho partecipato alla presentazione ufficiale di RockShox in quel di San Romolo, accompagnato da giornalisti provenienti da tutto il mondo e due star del calibro di Danny Hart e Gianluca Vernassa (beh anche Duncan Riffle non è certo da meno…), ho cercato come sempre di fare pulizia nella mia testa e concentrarmi sui punti chiave di questo oggetto. Quel che davvero fa la differenza a livello progettuale, è una tecnologia già usata nelle sospensioni da moto o in alcune forcelle ad aria da bici, ma prima di arrivare al nocciolo della questione, diamo una rapida occhiata a ciò che di nuovo è stato fatto. Rapid Recovery La tecnologia Rapid Recovery permette alla sospensione un recupero più veloce tra un impatto e l’altro, aumentando la trazione ad esempio nelle staccate o su terreni in cui la sospensione lavora come una vera e propria “mitragliatrice”. Il recupero veloce impedisce che la sospensione esaurisca la propria corsa a fronte del primo impatto, mantenendo il baricentro più alto con ancora gran parte della corsa a disposizione. Considerazioni è molto difficile dare un giudizio a questa tecnologia, per il semplice fatto che quando una sospensione lavora bene nella sua totalità, solo certe caratteristiche si possono distinguere e apprezzare con precisione. Ad esempio nel caso del RR potremmo farci ingannare usando un ritorno più veloce su sospensioni che non dispongono di tale tecnologia, ma che lavorano comunque bene. Dual Flow Adjust RockShox è una delle poche aziende in circolazione ad adottare un doppio registro in fase di estensione, mentre la maggior parte ne preferisce uno solo e due in compressione. Il Dual Flow Adjust permette una fine regolazione separata, sia della prima fase del ritorno, sia del fine corsa. Considerazioni se per il RR bisogna in qualche modo fidarsi, qui abbiamo la certezza matematica che ad una nostra azione corrisponda una reazione della sospensione. Con il doppio registro io posso decidere il comportamento a fronte di piccoli impatti o, nel caso opposto, importanti fondo corsa. Non è una trovata sciocca questa, anzi, ho notato nel corso degli anni che con diversi ammortizzatori non avevo mai quella soddisfazione totale in situazioni opposte e dovevo adattarmi ad un compromesso che a volte mi stava un po’ stretto. Il doppio registro non è certo facile da regolare, mi correggo, la parte finale non lo è, per il semplice fatto che molti rider quando si trovano a mandare le sospensioni a pacco, sono (giustamente) più preoccupati nel badare alla propria sicurezza, che sentire come quei due clic in più o in meno cambiano il comportamento. Counter Measure Elementare come concetto, fondamentale per raggiungere l’obiettivo. Cos’è la “contro misura”? E’ una molla che in pratica vince l’inerzia che tutti i circuiti idraulici pressurizzati hanno, esaltando le doti di sensibilità della sospensione. RockShox la descrive come una tecnologia ad uso esclusivo dell’élite, messa ora a disposizione di tutti. Considerazioni me lo sono tenuto per ultimo perché, a mio avviso, è il piatto forte di questo progetto. Credo di aver maneggiato decine e decine di sospensioni nella mia vita, e soprattutto con gli ammo, la prima cosa che faccio ancor prima di montarli, è vedere il carico di stacco che hanno pigiandoli senza la molla montata. Ricordo ancora una visita da Pepi Innerhofer di BSC Suspension, all’epoca distributore Fox, il quale aveva messo un paio di sospensioni in un macchinario (una specie di pressa azionata da una leva a mano) che misurava, tra le varie cose, anche il carico di stacco. Ero rimasto impressionato da quanta potesse essere la differenza tra due unità simili, ma di aziende diverse, solo per compiere i primi millimetri di corsa, quelli che in soldoni ci danno la tanto desiderata sensibilità. Provate anche voi e capirete senza tanti giri di parole di cosa sto parlando… con gli altri si avverte una forte pressione sul palmo della mano, con questo in effetti il forte stacco iniziale viene aiutato di molto, appunto, dalla molla “contro misura”. Credo sia una soluzione che tutte le sospensioni dovrebbero usare in presenza di un circuito altamente pressurizzato. Specifiche Vivid R2C Peso: 468 gr (versione 222×70 senza molla/spinotti/distanziali) Misure: 200×57, 216×63, 222×70, 240×76, 289×67 Elemento elastico: molla in acciaio Materiale asta: alluminio 7075 Materiale corpo esterno: alluminio forgiato Finitura: anodizzazione Prezzo: 388,00 euro (tutte le misure) + molla in acciaio 31,00 euro (tutte le misure e durezze) Specifiche Vivid Air R2C Peso: 530 gr (versione 216×63 senza spinotti/distanziali) Misure: 200×57, 216×63, 222×70, 240×76 Elemento elastico: Twin Tube Solo Air Materiale asta: alluminio 7075 Materiale corpo esterno: alluminio forgiato Finitura: anodizzazione Prezzo: 608,00 euro (tutte le misure) Vivid Air R2C Considerazioni Il Vivid Air è il primo che ho montato e l’ho usato tutta estate. Ha girato davvero tanto e ho fatto di tutto con lui (https://mountainbike.bicilive.it/e-magazine/trailspot/its-all-about-progression-chatel-3/). Passando dal Fox a questo, quindi da un’unità a molla ad una ad aria, mi aspettavo un peggioramento nella sensibilità e nelle prestazioni su discese molto lunghe, visto che l’affidabilità dell’aria non si può certo, o non si poteva, paragonare alla molla/olio. Tararlo è un gioco da ragazzi e se all’inizio ho preferito un Sag minore, quasi avessi paura di sovraccaricalo di continuo con ripetuti fondo corsa, strada facendo sono sceso di pressione aumentando il Sag e di conseguenza il lavoro da attribuirgli. La minor pressione mi ha dato la possibilità di lavorare molto con le Low Speed e da tanto le ho usate, a fine estate ho perso la vitina che tiene in sede il registro, fortunatamente ritrovato visto che ero in salita. Tale registro è tutt’ora usato e “abusato” (su entrambi gli ammo), visto che nella Lapy si trova in posizione comoda. Laddove c’è da pedalare anche per soli 100 metri, nelle rincorse di qualche salto o quando sono particolarmente “in pompa”, non mi faccio scrupoli a sfruttarlo, passando dal tutto aperto al tutto chiuso (o in mezzo) a seconda di ciò che desidero. Per essere un ammo ad aria lavora molto bene, è sensibile alle piccole asperità, ha un’ottima gestione della parte centrale della corsa e soprattutto non si pianta di colpo nei fondo corsa, anche violenti. La sua sensibilità e scorrevolezza è notevole, e a tal proposito, sarebbe bello farlo provare a rider “bendati”, per osservare in quanti riconoscerebbero che si tratti di una sospensione ad aria. L’altro mio dubbio sul Vivid Air riguardava il surriscaldamento e il conseguente peggioramento delle prestazioni. Quest’estate, neanche partendo dal punto più alto di Les 2 Alpes arrivando in fondo a Venosc, circa 35 minuti di discesa a seconda delle varianti, mi ha dato l’impressione di un calo nelle prestazioni. In sintesi si tratta di una sospensione molto semplice da capire e da usare, ma soprattutto, grazie alla flessibilità dell’aria, si può personalizzare rapidamente adattandolo alle necessità di rider e stili diversi. Per chi è per il semplice appassionato che ha budget da investire. Per il poserone che vuole la bici tirata in termini di peso. Per la manetta che guida di potenza e sa come regolarlo in base ai tracciati. Problemi riscontrati si è svitata la vitina che tiene il sede il registro delle Low Speed Compression. Vivid R2C Considerazioni Volete la verità? Il Vivid a molla l’ho montato nella giornata di comparativa al Tamaro e da lì non si è più mosso… Proprio così, vuoi per la pigrizia, vuoi perché con il fratello ad aria mi son sempre trovato bene, sta di fatto che il suo primo giro l’ha fatto al Tamaro. All’inizio, per giocare ad armi pari con il rivale Fox, ho montato la molla da 300 e mi sono seduto. Ricordo come se fosse adesso quando ho chiesto a Pitt (Pietro Baraggi, autore delle foto action e del video) di sedersi sulla bici e sentire quanto (c@%%o) fosse libidinoso anche da nuovo (ogni sospensione necessita di un periodo di rodaggio più o meno lungo). La prima impressione è stata semplicemente fantastica, anche se ci siamo guardati negli occhi e abbiamo convenuto che la molla da 300 fosse nettamente troppo morbida. Non importa, tanto eravamo lì per girare e così mi sono fatto una prima discesa non con la mia solita Lapy, ma con un gommone che non planava… Ovviamente copiava qualsiasi cosa, ma in effetti il mezzo stava troppo seduto e continuavo a picchiare le pedivelle a terra, quindi siamo passati alla 350. Dal gommone ero passato ad una poltrona Frau, avevo tantissimo comfort ma mi sentivo caricato ancora troppo sul retrotreno, così ho montato una 400 per giudicare, non solo il comportamento nello scassato, ma in un’ottica a 360°. Ora, a fronte di un paio di mesi passati su questo, posso ribadire la facilità nelle regolazioni visto che sono identiche all’Air e sottolineare che il cambiamento più evidente tra i due fratelli, sta nell’aderenza del posteriore a terra. E’ spaventosa, ma non solo, si tratta di uno dei migliori ammortizzatori mai provati in vita mia. Il Counter Measure si sente tutto e regala una lettura del terreno che ha pochi rivali, ma vorrei catalizzare la vostra attenzione sul fatto dell’aderenza/trazione. Questo ammortizzatore, ovviamente portato nelle situazioni peggiori (il Tamaro è stato il teatro ideale per paragonarlo alla cieca con l’Air), regala un controllo della ruota posteriore di altissimo livello, sia quando si mollano i freni e si entra a pieno ritmo su session “della morte”, sia quando si entra in staccata su terreni che variano dalle semplici brake bumps a vere e proprie mini whoops, come qui al Tamaro. In questi frangenti la differenza con la versione ad aria è spiccata e, oltre ad aumentare le prestazioni, assicura un margine di errore superiore. “Mi spiace” solo che costi così poco.. perché la mia paura è che non venga compreso. Noi italiani siamo spesso attirati dal prodotto più cool che in realtà sfruttiamo si e no al 50%, o nemmeno, visto che ha così tante regolazioni che alla fine ci fanno fare solo dei gran casini complicando ulteriormente il naturale processo di comprensione. In sintesi: si tratta di una sospensione molto semplice da capire e da usare, che offre prestazioni elevate ad un prezzo molto concorrenziale. Per chi è: per il semplice appassionato che non ha un grande budget da investire e vuole una sospensione ultra sensibile. Per la manetta che vuole alte prestazioni in situazioni di downhill puro. Problemi riscontrati nessuno Il test del Vivid R2C è stato effettuato partendo con la molla da 300 libbre per giocare ad armi pari con il Fox, poi sono passato alla 350 e infine alla 400 vista la sua grande sensibilità. E’ stato curioso osservare tramite le riprese video come le due unità, soprattutto quella a molla, abbiano un’elevata sensibilità sulle piccole asperità. Durante le varie risalite a piedi abbiamo anche trovato un bellissimo porcino, finito in un risottino! Credit foto: BiciLive.it Matteo Cappè e Pietro Baraggi (action)