È paura o semplice pigrizia? La bici potrebbe offrire a noi donne la libertà che abbiamo sempre cercato, benessere, emozioni e salute! Ma… Siamo ancora troppo poche! Perché? Ecco la nostra indagine È incredibile per me pensare che le ragazze d’oggi non provino minimamente ad andare in bicicletta. Non bisogna di certo iniziare con percorsi difficili e spaventosi, basta una semplice pedalata con le amiche tra viali alberati e prati verdi. È così che ho iniziato io, piano piano e innamorandomi di questo sport, chilometro dopo chilometro. Avete mai notato, in quelle località turistiche frequentate da nord europei (tedeschi, svedesi, inglesi), come non si facciano problemi a mettere in sella tutta la famiglia per partire verso divertenti escursioni? E quando dico “tutta la famiglia” intendo moglie e figli, sia maschi che femmine. Tutti si divertono allo stesso modo, qualche piccolo piagnucola un pochino, ma “no worries“, che problema c’è se il bimbo o la bimba cade? Una soffiatina sul ginocchio e via che si riparte! Vanno più forte di me in discesa anche con quelle biciclettine con le ruote piccole, sembrano degli gnomi. Finale Ligure Enduro World Series 2014 // Regola numero uno: sorridere! // Foto credit Elena Martinello Finale Ligure, come il Lago di Garda ed altre località, sono i luoghi ideali per organizzare una splendida vacanza abbinata all’attività sportiva per tutte le età. Proprio in Liguria, durante l’EWS, ho colto l’occasione di farmi un’idea più chiara sul motivo per cui noi donne italiane non amiamo troppo le due ruote. Non è alla moda? Sono io che vado contro corrente? O forse fa paura? Non ci sono strutture adatte nelle nostre città per l’avvicinamento a questo sport? O ci imbarazza l’abbigliamento? Virginia Cancellieri va in bici da qualche anno grazie alla passione che le ha trasmesso la madre // Foto credit Paolo Bravi Cosa pensano le ragazze italiane? Una ragazza che ha decisamente le idee chiare su questa questione è Ylenia: “la cultura dello sport tra le donne manca totalmente in Italia. I genitori sono troppo apprensivi”. Sarà forse meglio fare la ballerina così non si rovinano le gambe e da grande si potranno usare le minigonne? Lei lo sport lo pratica da quando aveva quattro anni, ma solo la sua tenacia e la fortuna di aver trovato un ragazzo con cui condividere questa passione l’hanno spinta a continuare e a gareggiare, sia su bici da strada che in mountain bike. Secondo lei la televisione italiana non dà spazio agli sport secondari e soprattutto a quelli femminili. Dato che noi italiani siamo molto influenzati da essa, potrebbe essere un ottimo canale per iniziare a trasmettere messaggi positivi riguardanti lo sport. Virginia invece è una bellissima ragazza, pensate è una ciclista che fa pure la modella. Giovanissima, fisico statuario, tutti gli uomini si girano al suo passaggio con quel body dorato e la sua mountan bike, altro che veline, una come lei potrebbe dare il perfetto esempio che la bici fa bene, definisce il fisico, la muscolatura e il carattere, ma mantiene la femminilità. E quei graffi che ha sul braccio non le rovineranno di certo la carriera. Lei la discesa se la gode, non ha paura di nulla. Dice che: “il ciclismo è uno sport faticoso e ci vuole coraggio“. In inghilterra le scuole aiutano le ragazze a crescere in questo sport e sono supportate dagli sponsor. A Genova è l’unica ragazza ad andare in bici e spesso si trova a pedalare da sola. Il ciclismo la emoziona, si sente libera e adora la competizione. Una giovane promessa del ciclocross italiano che vorrebbe poter avere una compagna di allenamento, coetanea, con cui condividere fatica ma anche chiacchierate: un’amica. I parreri sembrano simili tra appassionate e professioniste. Il ciclismo chiede tenacia e Laura Rossin ne ha da vendere. Lei ha sempre corso su strada e da pochi anni si è messa alla prova nell’enduro. Grazie alla sua famiglia che l’ha cresciuta in questo mondo ora veste il tricolore. Ma per lei in Italia, guardando al mondo delle competizioni, c’è troppa rivalità tra donne. “Quando una donna non riesce ad arrivare dove vuole, smette. Non accettiamo le sconfitte”. Decisamente uno spirito diverso rispetto alle colleghe straniere che vivono la competizione in modo più rilassato e giocoso. In Germania le ragazze vivono la bicicletta in modo diverso grazie alle numerose iniziative dedicate // Foto credit Paolo Bravi alcune ragazze che di ciclismo non ne vogliono proprio sapere. Alla domanda “” hanno subito risposto, quasi infastidite, “no no no!”, quasi come se fossero terrorizzate. Dicono che nella loro città non ci sono piste ciclabili adeguate. L’andare in bicicletta sembra una , fa paura, è pericoloso, difficile. Naturalmente ci sono anche alcune ragazze che di ciclismo non ne vogliono proprio sapere. Alla domanda “ma tu vai in bici?” hanno subito risposto, quasi infastidite, “no no no!”, come se fossero terrorizzate. Dicono che nella loro città non ci sono piste ciclabili adeguate. L’andare in bicicletta sembra una sport troppo estremo, fa paura, è pericoloso, difficile. Ma forse hanno semplicemente avuto un esempio sbagliato? Gabby Molloy racconta la cultura della bici in Nuova Zelanda // Foto credit Andrea Ziliani Il punto di vista delle ragazze di altri paesi Decisamente l’approccio cambia quando si entra nell’argomento con le rider straniere. Sembra che fuori dall’Italia le donne azzardino di più, si facciano meno problemi e siano maggiormente coinvolte in attività fisiche. Gabby Molloy ci racconta come in Nuova Zelanda vengano organizzati eventi dedicati alle ragazze. Ci sono grossi marchi del ciclismo internazionale che creano linee di abbigliamento specifico avendo una missione precisa: coinvolgere le ragazze in iniziative di gruppo o formare team per poterle sostenere nelle competizioni. Una cosa buffa: alla domanda “secondo te perché le donne italiane non vanno in bici?”, le ragazze straniere ci pensano un attimo e poi quasi tutte rispondono “probabilmente non è fashion!” o “la cultura di questo paese non le spinge a praticare sport”. La sera prima della finale EWS 2014 è stato organizzato un “Women EWS Summit” dove sono state invitate esclusivamente le donne iscritte alla competizione di Finale Ligure. A tutte è stato posto il quesito “cosa ne pensate della difficoltà dei tracciati?”: le ragazze si sono ritenute soddisfatte della difficoltà e tecnicità dei percorsi del circuito mondiale Enduro, senza sentirsi inferiori ai colleghi maschi, proprio perché hanno espresso la voglia di competere allo stesso livello. Alcune di loro, come Anka Martin e Katy Winton, nonostante la consapevolezza che quelle PS sono per donne coraggiose, portano avanti una missione: coinvolgere più donne possibili in questa disciplina che è solo all’inizio… l’inizio di una nuova era. Sicuramente bisogna essere un po’ mascoline per arrivare a certi livelli, ma la bici è principalmente e soprattutto uno sport che fa vivere emozioni vere. Molte di loro sfruttano questa occasione per girare il mondo, creando un bel gruppo dove ormai tutte si conoscono. Forza, a pedalare, care amiche biker! Guarda anche: Intervista ad Anka Martin Intervista a Katy Winton