La mia teoria sui manubri dritti – pt. 1 Luca Masserini 17 Settembre 2013 Tecnica Mi sono sempre ripromesso di aprire una parentesi sui manubri dritti, perché secondo me la loro introduzione e la conseguente moda, è arrivata in ritardo e in modo sbagliato. Mi spiego meglio… Le prime bici da discesa, o da freeride (perché una volta spopolava anche questa categoria), avevano una geometria molto diversa dalle bici da discesa di oggi, specifico “da discesa” visto che non mi risultano esserci in giro ancora tanti modelli specifici da freeride. L’angolo di sterzo non misurava certo 63°, le forcelle erano quindi più in piedi e più lunghe, con piastre più arcuate. Si usavano gomme da 2,7″, l’altezza del movimento centrale superava abbondantemente i 370 mm da terra. I manubri erano larghi al massimo 720 mm, con rise attorno ai 30 mm, ma soprattutto il cannotto di sterzo era da almeno 120 mm, ai quali si aggiungevano altri 40 mm di coppette della serie sterzo. In poche parole, capitava di trovare delle bici che si guidavano più o meno con la stessa impostazione di un irlandese da tiro (una razza di cavallo mastodontica, www.agraria.org/equini/irlandesedatiro.htm). Date un occhio alla forma di quella che era una delle migliori bici da freeride in commercio, la Norco Shore, con trasmissione a doppia corona per “pedalare” un macigno da 22 kg, movimento centrale a 380 mm da terra, angolo di sterzo di 66° e un interasse di 1.175 mm, ovvero quello che oggi ha una bici da enduro… Poi qualcuno si rende conto che per andare più veloce bisogna cambiare la geometria delle bici e di conseguenza la postura del rider. Le bici iniziano il proprio cammino verso il “basso e aperto” e i rider incominciano una vera e propria sperimentazione di componenti che fino a poco tempo prima manco esistevano. Per qualche anno c’è la moda dei manubri low rise, quindi da 20 mm di altezza, dapprima sotto i 740 mm di larghezza, poi ad arrivare fino agli 820 mm o a follie da un metro come il Syncros! Più o meno tutti lo montiamo per aumentare il feeling di guida e la maneggevolezza, allargare i gomiti e iniziare il nostro cammino verso una postura più race, con maggior aerodinamica e un baricentro nettamente più vicino a terra, ma senza tenere conto del resto dei componenti/telai in continua evoluzione. Nella fattispecie le serie sterzo cambiano, da quelle ingombranti che sporgono un dito sopra e sotto dal tubo di sterzo, iniziano ad essere semi integrate e poi totalmente integrate, diminuendo spaventosamente l’altezza finale del manubrio da terra. Se 10 anni fa poche bici montavano manubri superiori a 700 mm di larghezza, Syncros esce nel 2010 con il FR 1000, una sberla da un metro! Tante foto in rete, ma non ne ho mai visto uno montato su una bici, forse è stato un bene… Ma la gente è partita per quella direzione ed è in fissa fino al midollo sul fattore “basso e aperto”, e dai manubri con low rise, si passa a rise sempre inferiori fino ad arrivare a montare dei veri e propri manici di scopa in alluminio, quindi dritti, con una sola leggera inclinazione indietro (back sweep). C’è confusione, si guardano le gare di coppa del mondo di discesa per scopiazzare mode e tendenze, senza però tenere conto delle capacità dei rider di coppa e delle loro possibilità di sostituire pezzi all’occorrenza per meglio plasmare le proprie bici ai percorsi. Se il tale campione vince con un manubrio dritto, nessuno si chiede il perché lo ha montato, lo si compra e lo si monta; se vediamo l’altro campione che gareggia con una sberla da 800 mm di larghezza nessuno si pone la questione che lui è due spanne più alto di noi, lo si compra e lo si monta. La frase che regna incontrastata è “mi trovo bene così”, anche se ci incastriamo tra le piante almeno un paio di volte a discesa. Se paragoniamo la Norco Shore del 2005 e questa Mondraker Summum attuale, ci rendiamo conto di come nel giro di neanche un decennio la geometria è cambiata radicalmente. Il movimento centrale è nettamente più basso, ma quello che spaventa di più è l’angolo di sterzo e il relativo interasse, che può aumentare fino a quasi 100 mm in più. Il tutto si traduce in una postura completamente diversa del rider.