Una tipica giornata senza i due strumenti principali di un endurista, il telefono smartphone e una biammortizzata…

Ok, lo smartphone di ultima generazione non è indispensabile. Ne siete sicuri? Avete mai provato a farne a meno, recentemente? Basterebbe un semplice cellulare, certo, ma c’è chi, uscendo in bici, il telefono lo lascia a casa o in macchina! Proprio così! Un conto è non voler usare il telefono portandoselo con sé, pronto in caso di emergenza, e un conto è non averlo. Avventurarsi, anche per un’uscita breve, da soli o in due senza un telefono funzionante e carico è assolutamente una cosa da evitare. Ho visto gente salvarsi la pelle dopo un incidente solo grazie ad un tempestivo arrivo dei soccorsi, in un bosco, chiamati con uno smartphone e guidati sul posto con le coordinate fornite dal Gps integrato! Questo a Finale Ligure, non in mezzo ad un deserto… Quindi anche lo smartphone può servire. Il tutto sta nel COME lo usiamo.

Full o front?

Così come per il telefono, c’è chi afferma che una full non sia indispensabile per divertirsi in montagna. Certo, il mondo è bello perché è vario (o avariato, come dicono alcuni!). E’ chiaro che con una buona front da enduro e un po’ di tecnica si possono affrontare praticamente tutti (o quasi) i sentieri e i tracciati presenti nella mia zona, tra Milano, Varese e limitrofi, dipende sempre dalla velocità con cui vogliamo percorrerli. Quando la front in questione è però una bici da dirt, una Kona Shred con forcella Marzocchi DJ3 da 100mm senza regolazioni… il gioco si fa duro. Stando al proverbio, i duri iniziano a giocare. Diciamo che nel mio caso ci ho provato, con anche molta caparbietà, e il risultato è quello che ora vi racconterò…

Le mie due "bimbe" insieme quest'estate in Croazia, Riserva degli Ulivi di Lun, Pag.

Le mie due “bimbe” ancora insieme quest’estate in Croazia, Riserva degli Ulivi di Lun, Pag. In primo piano la Specy, dietro la Kona.

 Flashback tragico

Un doveroso flashback, per comprendere questa storia. Qualche settimana fa purtroppo la mia vecchia e fidata Specialized Enduro, il mio “muletto”, la mia compagna in quattro anni di avventure, gare, giri notturni e giornate epiche tra neve pioggia mare e sole, se ne è andata. Rubata, finita nelle mani di chissà chi. Tralascio i particolari perché il dolore è ancora grande, solo chi ha subito il furto di una mountainbike può capire.

La mia amata "fu" endurella in Croazia, quest'estate

La mia “fu” endurella, sempre in Croazia, quest’estate

Sono stato davvero male. Ho fatto denunce, annunci e ricerche ma niente ha portato ad un risultato, ovviamente. Giorni vuoti, un solo pensiero, come avrei fatto senza bici da enduro? Non è il momento per pensare ad un nuovo acquisto… Dopo una settimana di lutto e “velo nero” mi sono deciso a “kittare” un po’ la Kona per renderla più “endureggiante”, visto che rappresentava l’unica soluzione per poter girare in questo periodo, complice anche qualche esperienza faticosissima fatta di bici da downhill e pedalate in salita.

La frontina

la "frontina" durate La Garetta di BiciLive quest'estate

la “Frontina” durate La Garetta di BiciLive quest’estate. Foto: Matteo Cappè-BiciLive.it

Stabilito che con una front si può fare qualsiasi cosa, come si vede sempre in molti video sul web, sostituisco il copertone anteriore con uno più aggressivo, freni a disco vecchi dell’altra bici (dischi da 160mm originali, purtroppo), metto una sella decente, un cambio posteriore X0 ereditato e mi avventuro sui soliti percorsi pedalando un 1×9 con un bel 36×32 come rapporto più agile. Telescopico? No way! Un tubo sella che anche inserito di soli 2cm non arriva di certo all’altezza giusta per pedalare (leggi “ginocchia in bocca”), ruote con perni passanti e bulloni (chiave da 15 in tasca) e un telaio fatto per resistere a un bombardamento (leggi 16kg circa), oltre a delle geometrie ovviamente non pensate per il trail riding. Nonostante tutto mi dico “ma sì, ci sta”, finché non scendo da una delle prove speciali della gara enduro a Tavernerio (CO) pensando di essere ancora con la mia full. Risultato: “vedo la morte” in diversi punti, mi diverto poco, nelle staccate pinzo smisuratamente i freni per paura di esplodere e arrivo a casa con un mal di schiena “fotonico”.

Illudermi che questa sia la bike adatta a fare tutto è da fuori di testa? Noo…

 

Avanti veloce: 23 dicembre

Dato che le sfighe non vengono mai da sole ci mettiamo anche il cellulare che si impalla e non funziona più, nel pieno delirio prenatalizio. Un pensiero su tutti, nulla fermerà la giornata di riding della vigilia! Già d’accordo con un amico da alcuni giorni, mi sento con lui attraverso il pc usando facebook, che per una volta mi torna utile veramente, e ci diamo un appuntamento per la mattina del 23 a Varese. Il vecchio cellulare di scorta Nokia 3310 non si sblocca più, la ragazza è via, i genitori non hanno nulla da prestarmi, avvicinarsi ai centri commerciali in questi giorni è fuori discussione, quindi dico: ma sì, facciamo come si faceva una volta, al limite userò una cabina del telefono. Esistono ancora? Chissà… comunque sia, al mattino mi segno il suo numero, guardo la strada su google maps ed esco di casa. Mi sento strano, mi manca qualcosa. In macchina il vecchio navigatore impolverato è obsoleto, me lo dice pure lui quando cerco di farlo partire, voglio sapere quanto ci metterò, se c’è traffico, e non posso. Il sole sorge e scalda le nuvole nel cielo creando dei colori galattici, “faccio una foto, questa va su instagram!”, e non posso. Trovo traffico, vorrei avvisare l’amico che tardo, e non posso. Avrei voluto invitare altri amici ma senza whatsapp non ho sentito nessuno, magari sarebbero venuti anche loro. Volevo fargli vedere la traccia su Strava di questo nuovo giro che abbiamo in mente, dannazione… Il fatto di non avere lo smartphone mi sta infastidendo, anche perché a volte sento vibrare la tasca dei pantaloni…

ma il cellulare non c’è, è nel borsone nel baule, spento e inutilizzabile. Santo cielo, ma quanto siamo condizionati da quest’aggeggio infernale? Solo ora me ne rendo conto!

Il trail adatto per una front da 100mm! La faccia dice tutto...

Il trail adatto per una front da 100mm! La faccia dice tutto…

Si parte!

Arrivo a Varese, trovo l’amico, Antonio, siamo in orario. Lui è un capo di tecnologia e smanetta a mille coi telefoni, mi dice “non preoccuparti, dopo vediamo di sistemarlo, ora andiamo a girare!”. Lo guardo pieno di speranza e dico “Sperèm!”. Cosa facciamo?

Piano A: pedalare per un’ora e mezza fino al piazzale del Sacro Monte e scendere da un trail nuovo e inesplorato con deviazione al punto panoramico. Lauto pranzo e birra meritati.

Piano B: come sopra ma scroccando un passaggio a qualche pullman che fa la stessa strada suscitando pietà e mostrando evidenti difficoltà nel pedalare con una bici da dirt; panorama e discesa con finale di lauto pranzo e birra non meritati.

Dopo un paio di pullman che tirano dritto, un autista ci prende in simpatia e ci carica a bordo, complice anche la vettura quasi vuota, e chiaccherando dei punti del regolamento nei quali si dice che la bici è vietata a bordo ci accompagna fino in cima, offrendoci addirittura il caffè al baretto del piazzale, dicendo: questa montagna va rivalutata, voi che siete giovani potete fare qualcosa! Spero proprio di sì, ma questa è un’altra storia. Pronti-via, felici come bambini partiamo verso l’ignoto e Antonio dice “accendo io Strava visto che tu non hai il cell…”, mentre controlla il QR code dei cartelli che segnalano i sentieri del Campo dei Fiori. Gli lancio un’occhiataccia. All’improvviso vedo uno scoiattolo fermo su albero e cerco il telefono in tasca…ah, già. Vabbè, iniziamo a pedalare che è meglio! Prima parte del trail in costa con alcuni sali-scendi, poi deviazione al punto panoramico. La giornata era partita col sole ma si è riempita di nuvole, il panorama però merita, non ero mai stato su questo versante della montagna varesina, davvero sotto stimata per quanto riguarda bellezza, ricchezza e varietà di percorsi.

la vista sul Brinzio dal nostro punto panoramico

la vista sul Brinzio dal nostro punto panoramico, che spettacolo a mezz’ora da Varese!

Grazie ad Antonio, senza il quale queste foto non sarebbero state possibili, ci facciamo un terribile selfie (io già pensavo a quest’articolo!) e iniziamo la discesa: dapprima scorrevole, poi tornantini da nose press sulle rocce e tratti di pietraie belli lunghi, sembra di essere nel letto di un torrente, ed in effetti è così in alcuni punti. “Morbido sulle gambe, non hai una full!“, mi ripeto. Preso dalla foga della discesa e l’adrenalina inizio a mollare i freni, ma sento i polsi che si stanno fratturando, la schiena che si crepa e la ruota dietro che prende botte esagerate (ma non buco: santo High Roller 2ply da 2,5″, meno male che ieri ho messo le gomme da dh!). Arriviamo ad un bivio, ci riposiamo ed il pensiero va alla mia endurella, la quale si sarebbe divertita quassù… riprendiamo e concludiamo la prima parte del trail con un po’ di sano freeride a caso nei boschi, seguito da un faticoso trasferimento in costa, una bella mangiata ad una trattoria e un rientro pedalato con ancora un paio di salitine e discesine. Ottimo giro! Se non fosse che sono distrutto dai colpi dei 16kg della mia “frontina”(gomme da dh, i pro e i contro!),  mi sembra di aver fatto dodici ore in sella anziché tre, la mia ragazza mi avrà già dato per disperso… e poi: “non ho fotografato, tracciato, instagrammato e pubblicato nulla di tutto ciò, quindi è come se non fosse successo!”.

Come non mettere un selfie stortissimo in un articolo come questo?

Come non mettere un selfie stortissimo in un articolo come questo?

Scherzi a parte, ho sentito gente dire questa frase e crederci, ma ragazzi, sulla full anziché la bici da dirt non c’è neanche da dirlo, ovvio che sia meglio avere una mtb da all mountain o enduro per godere appieno della montagna, per lo meno per come piace girare a me, saltando e “sdoppiando” ovunque! Se invece siete “puristi della front”, provatene una fatta apposta, con forcella da 150/160mm, telaio in acciaio e geometrie moderne. Rimarrete sbalorditi!

Ma che sia downhill, xc, all mountain o enduro, credo sia meglio passare una giornata parlando con gli amici e la gente, guardandosi negli occhi ed imprimendosi le sensazioni, i colori, i panorami nella mente, piuttosto che pubblicare ogni due secondi foto sui social, controllare posta e whatsapp e tracciare ogni metro percorso dalle le nostre due ruote per mostrarlo a persone che magari neanche conosciamo.

Colpo di scena finale

Tornati alle macchine ci fermiamo in un bar e Antonio smanetta col mio smartphone (ribattezzato per l’occasione “Mortphone”), dopo un paio di tentativi di formattazione e simili mi dice: “incrocia le dita!”. Magicamente si accende e funziona… miracolo! Santo Wappo da Varese! Devo reinstallare tutto da capo ma tant’è, è già la seconda volta che mi capita. Probabilmente non vado molto d’accordo coi telefoni, anche se purtroppo ormai li uso per lavoro, come tanti di noi. L’unico consiglio che mi sento in grado di dare dopo quest’esperienza è semplice: non diventiamone schiavi. Non è così importante messaggiare subito, condividere, chattare. Più tardi lo farete con calma.

Ora siete arrivati in cima, godetevi il panorama, respirate.

Buona discesa… and Happy New Trails!