Era dall’anno scorso che non partecipavo ad una gara di DH. Come ho fatto a farne senza!?! Tra impegni, comparative, test e gare con bici elettriche (più qualche problemino a una spalla ed un ginocchio), era rimasto poco tempo per il mio “primo grande amore”. Non potevo scegliere luogo migliore per tornare a gareggiare: la pista di Champoluc, in Val d’Ayas, già tappa di gare nazionali e regionali, resa molto più tecnica ed insidiosa dai continui temporali di questo insolito luglio. YES!! From the beginning Chiunque abbia avuto esperienza in gare di downhill lo confessi, l’idea di raggiungere il gradino più alto del podio, per indossare lei, la mitica e tanto sognata maglia tricolore, è un pensiero più volte accarezzato. E’ con questo sogno che ho iniziato a fare gare di downhill, nel 2008 per la precisione, quindi pochissimo tempo fa rispetto ai veterani con cui regolarmente mi sono andato a scontrare, alcuni forti di vent’anni di esperienza avendo iniziato dagli albori del DH negli anni novanta. La cosa che mi è piaciuta fin da subito è stato l’ entrare a far parte di questa specie di famiglia, una sensazione che va oltre l’appartenere ad un team o ad una squadra, un senso di rispetto e condivisione mai provato prima con altri sport. Per sei anni ho incontrato le stesse persone, alcuni hanno smesso ed altre hanno iniziato ma la “DH Family” è sempre quella! I ragazzini ai quali prima davo la paga ora me la restituiscono con gli interessi, i “vecchi” mi hanno svelato i loro segreti e siamo diventati buoni amici, abbiamo diviso nottate all’umido in tenda e serate negli appartamenti con cene piene di racconti dei tempi che furono, giornate di prove a cercare le linee più “da Pro” nei vari tracciati d’Italia, bagni nei torrenti ghiacciati dopo le discese e viaggi interminabili in furgone macchina o camper, il tutto sempre col sorriso stampato in faccia. Davvero tante belle esperienze che travalicano il senso di partecipare ad una gara per il solo risultato, e questa era la cosa che mi mancava di più dopo la stagione invernale. Purtroppo i mille impegni lavorativi hanno anche limitato il mio allenamento off season specifico per la discesa ed era parecchio che non affrontavo un tracciato così scassato e ripido, pur essendo Champoluc una pista relativamente facile, in condizioni di terreno asciutto… Day 1 Arrivati il venerdì sera, dopo una cena leggera a base di polenta spezzatino e salsiccia io e Marta, la mia ragazza-team manager-meccanico-autista-infermiera-motivatrice (seee, magari! Sono vere solo la prima e l’ultima!) passiamo una piacevole notte in tenda nei paddock svegliati costantemente da macchine e moto che passavano a manetta e gente che faceva casino. Ottimo inizio. Sabato mattina mi alzo stanco ma gasato, finalmente I’m back on a DH track! Prove fino alle 13 e qualifiche a seguire. Tempo soleggiato con nuvole sparse. Previsioni: temporali nel pomeriggio…e vai! Alle iscrizioni incontro tante facce conosciute e molte anche nuove, soprattutto ragazzi e ragazzini, e la cosa non può che far piacere. Ritrovo tutti i vari “compagni di prove” e inizio al primo giro un pò troppo allegro, infatti mi becco subito una botta al pollice che mi darà fastidio per il resto del weekend. Pista asciutta se non per qualche piccolo punto, le gomme normali garantiscono un buon grip. Tiro un po’ i freni e decido anche di cambiare scarpe e pedali e tornare a pedali flat e FiveTen, giusto per provare, visto che ultimamente nel DH uso più i pedali liberi che gli sganci. Altri due giri e decido di tenere i flat (scelta premonitrice: mi salveranno la vita diverse volte nella manche di qualfica!). Pranzo leggero, stavolta sul serio, e salgo per la qualifiche. Inizia a piovere. Prendo una lente a strappo per la mascherina e la giacca impermeabile, le gomme lascio perdere, mi farò andare bene quelle da asciutto… Quando scendo la pista è un torrente, dopo cento metri non vedo più nulla e uso la lente a strappo, torna la vista e inizia il ripido. Tutto sommato riesco a divertirmi finché non trovo il rider precedente che non mi dà strada e mi cade davanti su una pietraia, miracolosamente resto in piedi e lo sorpasso per finire con delle derapate incredibili sui due prati alla fine della pista, che grazie alla pioggia erano diventati un tappeto di saponette viscide. Taglio il traguardo e mi sento un eroe, il tempo è alto ma le condizioni sono proibitive, sono soddisfatto di essere rimasto in piedi. Chiudo quarto di categoria, non me l’aspettavo, anche gli altri hanno dovuto lottare per restare in piedi, alcuni senza successo. Via via che la gara prosegue il meteo migliora, si alza un po’ di vento, spunta il sole a tratti e la pista si asciuga. Mai come in nessun altro tracciato ho visto mutare le condizioni tra asciutto e bagnato così rapidamente come a Champoluc, è stato anche “l’argomento da paddock” più discusso da tutti. Di conseguenza anche le classifiche hanno visto divari di tempo davvero insoliti tra una categoria e l’altra. Arriva finalmente il momento dei pro. Piccola parentesi: ho sempre apprezzato questa particolarità delle gare di downhill, la gara nella gara, prima corrono le categorie amatoriali: i master (“i vecchi” di cui parlavo, me compreso, eh eh!), poi i ragazzi e le donne. Alla fine arrivano gli agonisti, quelli che vanno veramente forte, e quindi ci si cambia al volo e si risale il percorso a piedi per tifare il rider preferito o gli altri amici che si conoscono. Alan Beggin, otto volte Campione Italiano DH, segna il miglior tempo assoluto nella manche di qualifica, con un ottimo Marco Milivinti a seguire in seconda posizione. Dietro di loro Francesco Petrucci, che nonostante una foratura della parte finale del tracciato conclude con il terzo tempo della categoria Elite. Sarà una bella sfida per questi tre l’indomani, mancando all’appello il cinque volte Campione Italiano (dal 2009 al 2013) Lorenzo Suding, fuori dai giochi per un brutto incidente automobilistico e al quale vanno i nostri migliori auguri di un veloce e completo recupero. Day 2 La seconda notte passa più serena, il tempo resta stabile a parte un’umidità orrenda che s’infila nelle ossa. La mattina però un bel sole scalda le stanche membra, in giro si vedono diverse braccia e spalle fasciate, gambe ingessate, non voglio esagerare ma purtroppo la pista ha chiesto il suo scotto da pagare e alcuni rider salteranno la gara per piccoli o grandi infortuni. Le qualifiche infatti sono state interrotte due volte per portare soccorso ai malcapitati con evidenti ma dovuti ritardi sulla tabella di marcia. Si spera che oggi il meteo sia più clemente, le previsioni sono come il giorno prima, mattina sole e pioggia nel pomeriggio… Scelta delle gomme ardua. Da fango? Mmh. Intermedie? Ne ho solo una. Parto con un giro sulle gomme normali e poi decido. Sarà la stanchezza e la poca concentrazione, centro subito una pianta di testa. Molto bene. Scendo piano per valutare le condizioni della pista dopo le qualifiche di ieri, sono un po’ agitato, non trovo più il feeling col mezzo e coi pedali. Metto le gomme da fango. Altro giro, altra pianta, con anche un ulteriore scivolone finito di schiena su una roccia, sono un po’ in crisi e scendo a passo d’uomo. Non mi sto divertendo, mi sento un principiante, dov’è finita la magia delle gare e l’atmosfera famigliare? Il morale è sotto i piedi. Mi fermo ai paddock e parlo con Marta, lei capisce e mi sprona a cambiare atteggiamento…e pedali! Infatti rimonto gli sganci rapidi, gomma da asciutto davanti e intermedia dietro per avere grip in frenata sui ripidi. Seguo alcuni amici, scambio due idee sulle linee da tenere in gara e torno a pensare positivo. mangio qualcosa, mi rilasso un secondo e arriva il momento della mia gara. Salgo presto per avere una mezz’oretta a disposizione, stretching, scaldo le gambe, incrocio lo sguardo con gli altri rider e tutti alziamo gli occhi al cielo, le nuvole nere si stanno addensando… sembra la scena di ieri, speriamo almeno oggi di partire prima del diluvio! Inizia a gocciolare che sono sotto il gazebo dello start, sono caldo, pronto, una sola domanda: come sarà ora la pista? Azzero i pensieri e parto, troppo cauto nelle prime curve, arriva lo scassato, leggere imprecisioni, però mi sto divertendo, a tratti tiene e a tratti… no. Scivolo su un traverso e appoggio il ginocchio, sono fermo, riparto al volo ma la ginocchiera scende sullo stinco e balla. Questo mi deconcentra, sbaglio un paio di linee e poi mi dico “mavvaff… divertiti!” e allora sì, inizio a godermi la gara, un paio di momenti mi trovo in drifting con entrambe le ruote ma resto in piedi, caccio un urlo, mi gaso e riesco a finire la manche in modo decoroso, alla fine sarò quinto di categoria, peccato, con tre secondi in meno sarei stato sul podio, quelli che ho perso nella scivolata… poche storie, le gare son così, prendere o lasciare! JVK Sta per Johannes Von Klebelsberg, un nome che non sembra italiano ma lo è. Appartiene ad un ragazzone alto atesino di diciannove anni, schietto e simpatico, che quest’anno finalmente sta raccogliendo quanto seminato negli anni scorsi. La vittoria assoluta al terzo round del circuito Gravitalia a giugno lo ha sicuramente portato in quello “stato mentale da primo posto”, dove tutto cambia e anche gli avversari iniziano a guardarti in modo diverso. Infatti, sotto alla pioggia, la gara prosegue ed arriva il suo turno, dopo il quinto posto in qualifica di sabato la domenica non ce n’è per nessuno, una run perfetta gli regala la maglia tricolore. Secondo Alan Beggin a quasi sei secondi e terzo Francesco Petrucci. Peccato per Marco Milivinti che è stato rallentato nella sua run da una bandiera sventolata per segnalare la caduta di Carlo Caire ma che non proveniva da un marshall ufficiale, a quanto pare. Quindi, dopo una lunga discussione i giudici gli hanno concesso di ripetere la manche ma solo come chiudipista, purtroppo a cronometro spento. Sarebbe stato interessante vedere il tempo di Marco ma la cosa avrebbe potuto creare ulteriori discussioni, quindi apprezziamo la sportività di Milivinti e gli auguriamo un in bocca al lupo per l’anno prossimo! Nelle donne si riconferma Alia Marcellini che ritira la sua quarta maglia bianca rossa e verde da appendere assieme alle altre, seconda Rosaria Fuccio e terza Julia Tanner. And the winner says Dopo le premiazioni ho fatto un paio di domande al nuovo Campione Italiano e Johannes, un po’ titubante, ha ripetuto la divertente frase detta al microfono appena aveva tagliato il traguardo: “E’ più difficile per me parlare in italiano corretto che fare la manche di gara sotto la pioggia! Comunque sono contentissimo, non mi aspettavo di vincere! Ieri in qualifica ci hanno fatto ripetere la run per via della bandiera rossa, esposta a causa della caduta del mio amico che purtroppo si è rotto la gamba, quindi non volevo rischiare e non ho spinto al massimo. Il fango mi piace, la pista anche, oggi ho preferito un setting più morbido tra sospensioni e gomme (da fango, ndr), la mia Ancillotti andava benissimo e ringrazio Tomaso che me l’ha messa a punto perfettamente. Non vedo l’ora di partecipare alle prossime due Coppe del Mondo di Downhill oltroceano, è un sogno che diventa realtà, sono davvero senza parole!”. In questi casi c’è solo una cosa da dire: YEAH BOY! Back home Io e la mia ragazza lasciamo Champoluc assieme ad un sole che nel frattempo si è ripresentato tra le nuvole, quasi beffardo, a dire “ora che ve ne andate, posso tornare!”. Alla guida sono taciturno, i pensieri vagano, vale la pena fare le gare, mi piace ancora? Credo di sì. Per quest’anno però basta gare di downhill, se uno non si allena è ovvio che poi non si diverta, abbia le mani che fanno male e abbracci le piante. L’anno prossimo vedremo, se tutto va bene, il lavoro, gli impegni, magari con una bici nuova… l’importante è sempre una cosa sola, e cerchiamo di non scordarcela mai: divertirsi!! Alla prossima! Video della gara Clicca qui per le classifiche della gara ➔