Nella seconda parte continuiamo a farci un’idea più definita della bici che abbiamo preso come banco prova per il confronto dell’ammo originale e i due nuovi RockShox Vivid

Ruote e gomme

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Ho scelto una coppia di Mavic Deemax Ultimate, abbinate a coperture Maxxis. Le Deemax non hanno bisogno di tante presentazioni, ci sono da una vita e da una vita sono sinonimo di alte prestazioni.

Le trovo leggerissime, precise (pure troppo su terreni molto rocciosi) e il cerchio è davvero robusto se penso a quanto poco pesano. I raggi piatti le rendono molto veloci sul veloce, nel senso che oltrepassata una certa velocità, avverti un’ottima aerodinamica e senti la bici dinamica, tuttavia sono ruote da tenere sempre sotto controllo a livello di precarico mozzi e pulizia della ruota libera.
Per le coperture ho montato Maxxis Minion Front e/o High Roller, entrambe da 2.50″ con carcassa Downhill 2 Ply e in mescola Super Tacky o 3C. Riconfermo quanto sostenuto da sempre: sono gomme fantastiche che ti permettono di trovare aderenza in condizioni critiche, mi piacerebbe solo che verso “fine vita” non si tagliassero i tasselli delle file laterali.
Nonostante i Deemax siano studiati per lavorare con coperture tubeless, ho preferito e preferisco tutt’ora, usarle con camera d’aria tradizionali, superleggera all’anteriore e più robusta al posteriore. Ho provato e riprovato più volte l’esperienza con i tubeless, ma non mi convince il fatto che non ti accorgi di perdite di pressione iniziali che possono avere conseguenze ben più gravi se si continua a girare con lo stesso ritmo. Preferisco pizzicare e fermarmi, lo trovo più sicuro.
In ultimo, non amo maneggiare liquidi e dovermi portare dietro un compressore per far stallonare lo pneumatico sul profilo del cerchio. Non sono un pilota ufficiale, mi devo godere la mia giornata in bici.

Problemi riscontrati Nessuno di rilevante.
Eventuali interventi Controllo prima e dopo ogni uscita il registro dei mozzi, l’anteriore vedo che tiene bene (non si svita), mentre il posteriore devo serrarlo più spesso. In tutte le Mavic di ultima generazione, faccio smontare la ruota libera e la faccio ingrassare, perché quando non pedalo tende a trascinare la catena. Ogni tanto rimetto i raggi dritti nel senso di rotazione, che inevitabilmente perdono la loro posizione a causa dei forti impatti.
Stato attuale perfette non direi, visto lo stress al quale vengono sottoposte ruote così leggere, comunque sono ancora in ottimo stato.


Manubrio

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Il Truvativ BlackBox siglato Danny Hart mi ha risolto un problema di postura che mi portavo dietro dal momento in cui sono passato dalla mia vecchia Foes Hydro in taglia M a questa Lapierre in taglia L.
La scelta della taglia è stata fonte di grossi ripensamenti e alla fine, nonostante il mio metro e 76, quindi più indicato su una M, ho optato per quella più grande.
Il motivo? Amo stare comodo dentro la bici senza continuare a cercare una posizione di comfort che ho riscontrato provando la taglia M della 722DH. Visto che la taglia L mi distendeva in effetti troppo (l’ideale sarebbe stata una M poco più grande), ho accorciato il più possibile l’attacco manubrio diretto e sperimentato un po’ di pieghe manubrio.
Il pro model Danny Hart misura 780 mm di larghezza, accorciata a 770 mm, ed è leggermente più alta e più piegata indietro rispetto il Boobar nero che tutti conosciamo. Con questo manubrio ho finalmente trovato la quadra a livello di postura e se devo muovere una critica, riguarda esclusivamente il fatto che è limitante nel posizionare le leve dei freni, soprattutto se si desidera accorciarlo o si montano freni in cui la distanza collarino/presa sulla leva è maggiore rispetto Avid o Shimano di nuova generazione.
Ad esempio, non potrei montare gli Hope… e per un prodotto che fa parte di un colosso come il gruppo SRAM è una pecca non da poco.


Freni

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Ho montato dei semplici ed economici Avid Code R con dischi da 200 mm. Una volta accorciati i tubi e spurgati ad hoc, devo dire che non mi hanno mai dato particolari problemi. Mi piace il feeling della presa che ho sulla leva, così come il fatto che le leve stesse si possano avvicinare di molto al manubrio senza l’utilizzo di chiavi a brugola e infine mi piace che non mordano bruscamente come, ad esempio, i nuovi Shimano.
Trovo molto comodo ed esteticamente avanti unire in un solo collarino la leva del freno e il manettino, tra l’altro adesso non ci sono più limiti nel regolare le due unità con inclinazioni diverse, problema riscontrato con i vecchi Matchmaker.

Problemi riscontrati Nessuno di rilevante, tranne che qualsiasi pastiglia abbia montato ha una vita più breve rispetto altri competitor come Hope, Formula e Shimano. Quando sono a metà vita tolgo la molletta che le tiene separate per poterle sfruttare fino alla fine. Attenzione: la molletta non serve solo per tenerle separate, ma vi avverte quando stanno per finire le pastiglie, se togliete la molletta e vi scordate di momitorarle, rischiate di frenare con il metallo e rovinate il disco.
Eventuali interventi quando si consumano le pastiglie, ma sono ancora abbondantemente utilizzabili, devo togliere le due ruote (o smontare gli adattatori) e pompare a vuoto per mandare più pressione alle pinze e impedire così che le leve si avvicinino troppo al manubrio. Attenzione: ogni freno reagisce in modo diverso e se con i Code R devo pompare svariate volte, con altri impianti vi basta una pompata per attaccare le pastiglie e non avere più lo spazio per inserire il disco.
Stato attuale Nonostante abbia scritto una pappardella, basta qualche accorgimento per farli funzionare sempre alla grande, stato in cui si trovano adesso.


Sella

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Visto che le foto di questo articolo sono state scattate quest’estate e la nuova Dirty Zero è uscita a ExpoBici di Padova, vi mostriamo la foto statica del nuovo modello (che uso da fin settembre) per motivi pratici.
Tra i due modelli c’è un cambiamento radicale che vede in primis lo shape. La vecchia aveva una seduta leggermente convessa, la nuova è leggermente concava, quindi più comoda ed avvolgente. Secondo, il rivestimento della vecchia era liscio e privo di rinforzi laterali, mentre questa usa un tessuto anti scivolo chiamato MicroFeel e rinforzi sui fianchi in Kevlar.
In ultimo, è stato rimosso il dente che sporgeva nella parte posteriore, non solo inutile, ma potenzialmente pericoloso nel caso di impiglio con i pantaloni e sempre sbucciato per via del contatto con la gomma nei fondo corsa.
A proposito del rivestimento anti scivolo, mi piace moltissimo e lo trovo una buona trovata, avrei solo lasciato la parte anteriore liscia per non farla impigliare su alcuni tipi di shorts e già che c’erano, avrei apprezzato moltissimo un rinforzo nella parte posteriore per evitare danni in caso di fondo corsa.
Spesso si manda la bici dal ciclista, che la posiziona sul cavalletto e varia l’altezza, poi non viene ricalcolata l’altezza esatta in funzione della corsa alla ruota posteriore, prima discesa e grrrrrr, sella nuova sbucciata… è un peccato!

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Nella prossima puntata metteremo a nudo la sospensione originale e le due nuove creature di casa RockShox, il Vivid Air R2C e Vivid R2C a molla. Non perdete il seguito perché ci sarà anche un interessante video che mostrerà come lavorano le sospensioni sul campo.

Foto credit: Matteo Cappè e Pietro Baraggi

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A proposito dell'autore

Una figura chiave nel panorama della mountainbike italiana e internazionale. La sua presenza spazia dall'essere giornalista, tester, testimonial, protagonista di un canale Vimeo seguitissimo e co-fondatore della Gravity School.